«E per fortuna è caduta l’aggravante mafiosa, altrimenti avrei rischiato l’ergastolo». Carlo Giovanardi, oltre un quarto di secolo di esperienza parlamentare come deputato e senatore, ricoprendo gli incarichi di vice presidente della Camera, ministro, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, il 15 dicembre dovrà presentarsi davanti al Tribunale di Modena per rispondere delle accuse di minaccia a corpo politico amministrativo e giudiziario, rivelazione del segreto d’ufficio, minaccia a pubblico ufficiale ed altro.

I pm hanno chiesto ed ottenuto il giudizio immediato, saltando così l’udienza preliminare, essendo evidente la prova della sua colpevolezza.
Secondo i magistrati, l’ex senatore del Pdl avrebbe posto in essere una “illegittima e martellante attività intimidatoria” nei confronti delle istituzioni per far togliere a due aziende modenesi l’interdittiva antimafia che gli impediva di partecipare agli appalti post-terremoto in Emilia. «Ma quando mai!», si infervora Giovanardi. «Mi sono occupato per anni degli errori, spesso macroscopici, commessi dalle Prefetture sulle interdittive antimafia che rischiano di distruggere le aziende. Non ha mai avuto alcuna utilità, ho sempre agito per evitare possibili ricadute sociali». La vicenda inizia nel 2013 allorquando la Bianchini costruzioni di Modena viene inserita nella “black list”. Secondo il Gruppo interforze che si riunisce in Prefettura l’azienda sarebbe oggetto di infiltrazioni da parte dell’ndragheta.

«Mi sono semplicemente prodigato per Augusto Bianchini e suo figlio Alessandro, provenienti da una famiglia della bassa modenese che conosco da cinquanta anni e con la fama di essere molto seria», precisa subito Giovanardi. Il senatore, dopo avere esaminato il dossier, presentò alcune interrogazioni e decise di chiedere informazioni ai carabinieri. Attività che, a posteriori, risulteranno essergli fatali. I funzionari della Prefettura di Modena, infatti, dichiareranno a verbale che le ripetute interrogazioni del senatore sul punto “aggravavano il lavoro dell’ufficio” e, essendo poi riportate sui giornali, ne “denigravano l’operato”. I carabinieri, invece, si sentiranno minacciati ed offesi nel decoro. In particolare, il 17 ottobre 2014, in un bar di Modena, Giovanardi aveva incontrato il comandante provinciale dei carabinieri Stefano Savo e il capo del Reparto operativo Domenico Cristaldi.

I due ufficiali si erano rifiutati di riceverlo in caserma preferendo dargli appuntamento in un locale del centro. Per giustificare il rifiuto, una circolare secondo cui non era possibile ricevere nelle caserme dell’Arma membri del parlamento in quanto sarebbe servita una “procedura specifica”. Savo dichiarerà successivamente ai magistrati che Giovanardi, gesticolando, gli disse espressamente che “qualcuno avrebbe dovuto rispondere dei danni derivanti da questi interventi”. Giovanardi racconterà quanto fatto ai Bianchini, lasciandosi andare ad espressioni colorite (io li ammazzerei tutti…). Il figlio di Bianchini registrò, come era solito fare quando incontrava delle personalità, questo colloquio e quando nel 2015 tutta la famiglia verrà arrestata nell’ambito della maxi inchiesta “Aemilia” la bobina, sequestrata, finirà agli atti del processo. «I Bianchini mi avevano sempre giurato di non aver mai avuto rapporti con l’ndragheta», puntualizza Giovanardi. Il titolare, Augusto, sarà poi condannato in primo grado a 9 anni e 10 mesi, i figli prosciolti.

«È curioso che io avrei dovuto sapere quello che neppure i figli sapevano», sottolinea l’ex senatore. La Giunta per le autorizzazioni ha esaminato ieri il caso e ha chiesto di capire come mai non sia stata richiesta l’ autorizzazione all’ utilizzo di queste conversazioni, intercettate all’insaputa del diretto interessato, al Senato. “Mi sembra che si voglia criminalizzare l’attività del parlamentare – aggiunge Giovanardi – che si ridurrebbe nel ritiro dell’ indennità al 27 di ogni mese. Nell’Italia democratica per fortuna sono i rappresentanti del popolo che possono controllare e criticare anche aspramente le Prefetture, e non viceversa”.

Ma non solo. “Ricordo che il senatore Stefano Vaccari (Pd) si era attivato per evitare che venisse sciolto per mafia il Comune di Finale la cui amministrazione era guidata dai dem, dicendo che aveva fatto il proprio dovere”. Restano, allora, le “intimidazioni” agli ufficiali dell’Arma. Una beffa per Giovanardi che decise, spinto dall’amore per la Benemerita, di svolgere il servizio militare come carabiniere ausiliario.