“Devo andare sul Raccordo mi dai una mano?” Simone Borgese si era rivolto così l’otto maggio scorso ad una ragazza in strada in attesa alla fermata dell’autobus in via della Magliana, chiedendole indicazioni per raggiungere l’entrata del Grande Raccordo Anulare, direzione Eur. Un suggerimento che la ragazza 28enne aveva provato a fornirgli consultando le mappe sul suo telefonino, servizio di cui l’automobilista era sprovvisto, visto che aveva il cellulare scarico. Una “coincidenza” che lo ha spinto a chiederle di salire e di accompagnarlo. La ragazza presa di sorpresa e  vedendolo in serie difficoltà, aveva deciso di salire a bordo su sua insistenza, nonostante un primo rifiuto. Da lì, il 39enne ha raggiunto una zona isolata, a lei sconosciuta, le ha nascosto il telefono, e costretta a compiere una serie di atti sessuali.

I precedenti

Simone Borgese aveva due analoghi precedenti. Uno stupro avvenuto esattamente 9 anni prima, sempre l’otto maggio (2015), ai danni di una tassista alla Piana del Sole, episodio per il quale fu condannato a sette anni e mezzo di carcere per violenza sessuale. Nel giugno del 2014 invece un’altra giovane era stata molestata sessualmente dall’uomo, condannato a due anni e dieci mesi, mentre si trovava in ascensore.

Il riconoscimento

Subito dopo la denuncia della ragazza è scattato il lavoro degli investigatori, che sulla base delle informazioni e delle descrizioni fornite dalla vittima, hanno individuato alcuni possibili responsabili. Borgese è stato riconosciuto immediatamente dalla vittima grazie alle foto segnaletiche, mentre attraverso le telecamere di videosorveglianza, non è stato in alcun modo possibile risalire alla targa del veicolo, una Fiat Multipla grigia. E dopo meno di un mese dai fatti è stato fermato dai poliziotti del Distretto San Giovanni. Nei suoi confronti è stata disposta la misura applicativa della custodia cautelare in carcere.

Il racconto della ragazza: “Il suo arresto è stata una liberazione”

“I suoi occhi facevano paura. Mi diceva fai quello che devi fare e poi ti lascio andare. Il suo arresto è stata una liberazione”, ha raccontato la ragazza in un’intervista a Repubblica. Il racconto prosegue ricordando il suo stato d’animo in queste settimane: “Ero in ansia che non lo trovassero. Io volevo dare un nome a questo volto che era entrato a far parte nella mia vita, quando chiudo gli occhi lo vedo ancora”. Nell’intervista al quotidiano racconta come tutti siano stati solidali, “anche in questura hanno capito quello che era accaduto. Nessuno mi ha chiesto niente. Questo per me è stato importante. Il fatto che io salga su una macchina non autorizza nessuno ad approfittarsi del prossimo e delle sue debolezze anche fisiche”

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