Nessuno parla dei piani per l’Ue del Quirinale
Giù le mani da Mattarella, il Quirinale non è a noleggio

Mentre, nell’ambito politico, si elucubra sulla permanenza di Mario Draghi alla testa del Governo con l’alternativa alla sua ascesa al Quirinale alla scadenza del settennato di Sergio Mattarella – con alcuni che si augurano tale sviluppo per un diverso Governo, altri per le elezioni anticipate, altri, ancora, in maniera strampalata, perché Draghi possa “governare” dal Quirinale – il Capo dello Stato continua in queste settimane una preziosa opera che è di “ moral suasion”, di indicazione dei rischi, di richiamo di norme e principi, nonché dei diritti e delle libertà fondamentali, in particolare con riferimento alle vaccinazioni anti-covid.
Ma non mancano coloro che vorrebbero una permanenza ulteriore di Mattarella al vertice dello Stato, anche se non esplicitano i tempi, alcuni ipotizzando, come si ricava da discorsi generici, un periodo tale da consentire la conclusione della legislatura e, quindi, l’elezione di Draghi a presidente della Repubblica: un non detto decisamente offensivo per il Capo dello Stato, per l’altissima carica costituzionale, per il Parlamento, per lo stesso Draghi, che lo ha rilevato in una recente conferenza-stampa, ma anche per i cittadini. Si tratterebbe di mantenere assurdamente la poltrona calda per consentire una sorta di successione dinastica che, per di più, dà per attuati passaggi tutti da verificare se non si vuole imitare metaforicamente la favola della donna che va al mercato con una ricotta in testa da vendere e pensa di arricchirsi fino a diventare una grande possidente, ma, a un certo punto, la ricotta cade e i sogni vanno in fumo.
Mai finora si era arrivati a tanto e alla “programmazione di una carriera”, dimostrandosi, ancora una volta, che Draghi dovrebbe guardarsi da adulatori, che “vitent aux dépens de celui qui l’écoute”, secondo la nota favola di La Fontaine e dai “ plauditores”. Mattarella, proseguendo nella sua opera meritoria, affronta contenuti fondamentali e, fra questi, ribadisce il tema della sovranità europea condivisa su cui, parlando dell’Unione e della necessità che abbia una propria politica estera, di difesa e di sicurezza, torna a insistere, indicando la prospettiva della modifica del Trattato di Lisbona dopo che la Conferenza sul futuro dell’Unione avrà concluso i propri lavori. Su questo concetto della condivisione dei poteri “sovrani” trasferiti dai livelli nazionali neppure uno dei politici che quotidianamente si profondono in esternazioni ha finora detto alcunché.
Certo, non sarà facile modificare il Trattato essendo necessaria l’unanimità e già prevedendosi, da qualche osservatore, l’alternativa dell’accordo intergovernativo. Ma quest’ultima strada accentuerebbe la visione dell’Europa come un insieme di Governi, anziché come Comunità anche di cittadini e finirebbe con il derogare, come, per esempio, è accaduto per la Vigilanza bancaria, a norme e limiti posti nello stesso Trattato. Occorrerà, dunque, lavorare con progetti e iniziative coerenti perché possa prevalere lo spirito comunitario. Ma, come si è accennato, è singolare che sulla formula della sovranità condivisa non intervengano esponenti sia dello schieramento di governo, sia dell’opposizione.
Essa comporta, in effetti, tutta una serie di innovazioni perché la condivisione sia effettiva e non platonica, a cominciare da quelle istituzionali, che anche una visione non propriamente entusiasta di quanto finora realizzato dall’Unione dovrebbe cogliere e sviluppare; al tempo stesso, i favorevoli possono vedere nella compartecipazione il rafforzamento delle loro posizioni, ma anche l’impegno ad agire per concretare tale condizione. La condivisione regge, però, se è accompagnata dall’attuazione del principio di sussidiarietà verticale in base al quale ciò che può essere fatto nei singoli Stati non va trasferito a livello superiore, un principio voluto dai Padri fondatori e trasfuso nei Trattati di Roma. Insomma, c’è da lavorare, approfondire e proporre in un campo fondamentale per il futuro non solo dell’Europa, ma anche del Paese, piuttosto che rendere ogni giorno più stringente, quando non lo è affatto, la discussione sul futuro del Quirinale e di Palazzo Chigi.
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