Dopo la proposta di separare le carriere fra pm e giudici, lo scontro fra toghe e governo si accende sulla decisioni di prevedere i test psicoattitudinali per accedere in magistratura. Una vecchia idea di Silvio Berlusconi, fanno sapere dal centro destra. Di Licio Gelli nel piano di Rinascita democratica, sottolineano invece le opposizioni. “Cosa sono questi test, a cosa servano, non ce lo ha spiegato nessuno: così diventa un proclama contro i magistrati, per far pensare che hanno bisogno di essere controllati dal punto di vista psichico o psichiatrico”, ha affermato il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia. “I magistrati italiani sono costantemente valutati sul campo per il loro equilibrio. Ma come si fa a stabilire qual è il tipo ideale di magistrato. E spetta al ministro farlo?”, ha aggiunto il segretario generale Salvatore Casciaro.

Timori, va detto, infondati in quanto viene demandato, tramite successivi decreti, ad esperti qualificati il compito di verificare l’idoneità psicoattitudinale allo svolgimento delle funzioni giudiziarie. La legge, in altre parole, si limita ad introdurre esclusivamente il principio: la decisione sui contenuti dei test e su chi ne valuterà i risultati avverrà in un secondo momento, con atti subordinati, e spetterà come sempre al Csm. Le toghe possono quindi continuare a dormire sonni tranquilli. Il Consiglio dei ministri, a parte i test, ha dato ieri il via libera alla riforma dell’Ordinamento giudiziario. Una riforma quanto mai blanda che ha deluso le aspettative di chi si aspettava qualcosa di veramente incisivo.

Ne sono una prova il “fascicolo delle performance”, voluto dal deputato di Azione Enrico Costa, dove sarebbero dovute confluire, ai fini della valutazione di professionalità, tutte le attività svolte dai magistrati e quindi anche le indagini concluse con un nulla di fatto, i flop investigativi, gli arresti ingiusti. Una pagella che avrebbe quindi valorizzato i più bravi, permettendogli in questo modo di fare carriera senza ricorrere ai soliti aiuti correntizi. “Nel fascicolo del magistrato saranno scelti provvedimenti a campione sulla base di criteri oggetti stabiliti dal Csm”, si legge nel testo. Praticamente identico a quello vigente che prevede l’inserimento nel fascicolo di “eventuali significative anomalie esistenti fra provvedimenti emessi o richiesti e provvedimenti non confermati o rigettati, in relazione all’esito, nelle successive fasi e gradi del procedimento”. La legge Cartabia del 2022 aveva conferito la delega al governo “per la riforma dell’ordinamento giudiziario e per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Csm”.

Il ddl, approvato ieri dal Consiglio dei ministri, recependo le indicazioni di Carlo Nordio, è allora intervenuto sull’accesso in magistratura, sulle valutazioni di professionalità delle toghe, sulle regole per il conferimento delle funzioni direttive e semidirettive e sulla loro conferma. Un separato decreto legislativo è invece dedicato all’attuazione della delega in materia di collocamento “fuori ruolo” dei magistrati. In tema di accesso in magistratura si torna al passato: sarà sufficiente il possesso della laurea in giurisprudenza per partecipare al concorso, con lo stop alle scuole di specialità ed ai tirocini formativi. Per le valutazioni professionalità, a parte le “finte pagelle”, si segnala il diritto di partecipare e di assistere alla deliberazione da parte degli avvocati nei Consigli giudiziari, i “piccoli Csm” nei distretti giudiziari. Attribuendo, però, ai soli componenti avvocati il diritto di esprimere un voto in conformità alle indicazioni in tal senso provenienti dal Consiglio nazionale forense o dal Consiglio dell’ordine degli avvocati. Quindi poco o nulla avendo i magistrati da sempre la maggioranza assoluta all’interno dei Consigli giudiziari.

Le regole per andare in Cassazione dovranno invece connotate da “trasparenza” e “efficienza”. Un dato che si dava per scontato. I parametri di valutazione dei requisiti specifici (attitudini, m e – rito e anzianità) dovranno essere funzionali ad assicurare “l’obiettività nella verifica delle competenze degli aspiranti, pur nel doveroso rispetto della discrezionalità valutativa del Consiglio superiore della magistratura e delle sue prerogative regolamentari”. Accanto alle disposizioni dirette a preservare l’imparzialità della selezione, ve ne sono altre che disegnano, per così dire, il volto dell’aspirante alle funzioni di legittimità: una lunga esperienza al servizio della giurisdizione sulla quale, in primo luogo, deve appuntarsi la valutazione della sua competenza professionale; l’inclinazione allo studio e la capacità scientifica coniugate, tuttavia, alla capacità di confrontarsi con gli indirizzi giurisprudenziali consolidati, nella consapevolezza che la principale funzione attribuita alla Corte di cassazione è quella di assicurare “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni”. Anche in questo caso è il minimo sindacale.

E poi il conferimento delle funzioni direttive e semidirettive, materia da sempre incandescente. La norma introduce due punti rivoluzionari: “trasparenza” e “valorizzazione del merito”. “Emerge un’avvertita esigenza di maggiori “trasparenza”, “pubblicità”, “partecipazione”, “procedimentalizzazione”, “oggettivizzazione” e “certezza dei tempi” dell’azione amministrativa, oltre che arricchimento del patrimonio conoscitivo sul magistrato in valutazione”, si legge nel testo, ingenerando così nel cittadino la convinzione che fino ad oggi gli incarichi fossero veramente assegnati con il metodo spartitorio by Palamara.