È il turno della mia generazione
Giulia Cecchettin e l’indignazione di chi non si indigna: sono i social che ce lo impongono
Se rientrate nella categoria di chi apre i propri social almeno una volta al giorno, vi sarete sicuramente imbattuti nelle ultime ore nei post acchiappa-like (e scaccia-verità) dei più seguiti e – almeno sulla carta – più autorevoli quotidiani italiani ferocemente indignati per la foto dell’aula del Senato della Repubblica semivuota durante la discussione plenaria del ddl “di contrasto alla violenza sulle donne e alla violenza domestica” tenutasi questo mercoledì 22 novembre. Post che hanno scatenato una vera e propria shitstorm contro lo Stato, le istituzioni e la politica tutta a suon di ricondivisioni, centinaia di migliaia di likes e presumibilmente milioni di visualizzazioni. Un meccanismo ben preciso, scatenato volutamente dalle più influenti redazioni del Paese, nel momento di maggiore indignazione pubblica per la terribile vicenda di Giulia Cecchettin.
Ma se allarghiamo lo sguardo, ci rendiamo conto come questo sia solo un piccolo pezzo di un puzzle drammaticamente più ampio composto con minuzia dalla stampa italiana. Una tremenda pornografia del dolore, caratterizzata da una corsa abbastanza penosa a chi per primo fosse riuscito a pubblicare sulla home page online del proprio quotidiano l’ultimissimo dettaglio, l’ultimissimo audio più o meno “rubato” della povera Giulia, l’ultimissimo ricordo o messaggino prima della tragica scomparsa. Assolutamente incuranti del dolore di due famiglie distrutte, degli amici, dei conoscenti. Ed è proprio in questo contesto, in cui davvero fatico a rinvenire un briciolo di deontologia giornalistica, che si inserisce l’ondata di indignazione volutamente (insisto, volutamente) scatenata contro la politica. Una politica che invece per la prima volta da tanto tempo stava facendo ciò che tutti noi ci aspetteremmo dalla politica: un fronte comune per approvare all’unanimità leggi che possano cambiare in meglio la vita delle persone.
Il disegno di legge, infatti, a dispetto di quanto lascia intendere la foto della Senatrice Pd Susanna Camusso, è stato approvato all’unanimità dal Senato con 157 voti a favore. Quasi l’80% dei senatori totali, per capirci. Eppure sarebbe bastato uno sforzo davvero minimo per rendersi conto, sul sito pubblico Senato.it, che mentre la senatrice Camusso scattava la foto, diversi suoi colleghi erano impegnati tra Conferenza dei Capigruppo e Commissione (luogo che come sappiamo è il vero nucleo operativo del lavoro parlamentare). E allo stesso modo sarebbe bastato un semplice sforzo mnemonico per rendersi conto che l’aula del Senato appare “semivuota” – anche quando è piena – da quando nel 2020 lo sciagurato referendum del M5S ha tagliato il numero di senatori da 315 a 200. Pochi coraggiosi si sono preoccupati di fare questo tanto semplice quanto non scontato esercizio di pensiero critico (su tutti mi sento di citare testate come Will Italia e Pagella Politica).
Ed il risultato è stato, drammaticamente, quello di un feed social pieno di persone comuni giustamente indignate. Insomma, l’ennesima sciabolata alla credibilità della politica, anche quando non se la meriterebbe, anche quando “la politica fa la politica”. In mezzo a tutto ciò, tocca alla mia generazione rimboccarsi le maniche, farsi forza, coltivare un pensiero critico, coltivare il dubbio, piuttosto che l’indignazione perenne e a tutti i costi. Il mondo dei social, il nostro mondo, ce lo impone senza grandi vie di uscita. Forza e coraggio.
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