“Ha rifiutato i miei regali, ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei” e “voleva andare avanti, si stava sentendo con un altro ragazzo”. Così “ho urlato che avevo bisogno di lei, che mi sarei suicidato” ma lei” è scesa dalla macchina gridando ‘Sei matto, vaffanculo, lasciami in pace'”. Poi il primo tentativo di accoltellarla, con la lama che si piega, il ritorno in auto e la fuga per quattro chilometri, la nuova lite, l’uscita dalla vettura e l’inseguimento, armato di un altro coltello. L’omicidio: “12-13 coltellate guardandola negli occhi, l’ultima rifilata” proprio “all’occhio” (per l’autopsia i fendenti sono in totale 75). La nuova fuga per scaricare il cadavere e il tentativo con una sacchetto di plastica di togliersi la vita “ma non ho avuto il coraggio dopo aver letto che i miei genitori mi cercavano”.

E’ la confessione raccapricciante di Filippo Turetta al pm della procura di Venezia Andrea Petroni nel corso dell’interrogatorio del primo dicembre 2023 il cui contenuto è stato diffuso venerdì 21 giugno dalla trasmissione “Quarto grado” su rete 4. Filippo, detenuto nel carcere di Verona, racconta le ultime ore di vita di Giulia Cecchettin, la 22enne di Vigonovo (Padova), laureanda in Ingegneria biomedica e uccisa dall’ex l’11 dicembre scorso per questioni di gelosia. Lei voleva lasciarlo, lui voleva che Giulia fosse solo sua.

La confessione di Turetta

Da brividi il racconto di Turetta che quella sera aveva in auto due coltelli, segno che aveva premeditato di fare del male a Giulia nel caso in cui le cose non fossero andate per il verso giusto. Ad oggi è accusato di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà e legame affettivo, e di sequestro di persona, occultamento di cadavere e porto d’armi. Il giovane ricostruisce la serata trascorsa a fare shopping e la cena in un centro commerciale a Marghera, poi il viaggio di ritorno per accompagnare a casa Giulia, con l’auto che si ferma in un parcheggio a 150 metri dall’abitazione in via Aldo Moro.

La scimmietta rifiutata

L’ultima, disperata, mossa di Turetta era quella del regalo: “Volevo darle un regalo, una scimmietta mostriciattolo. Con me avevo uno zainetto che conteneva altri regali: un’altra scimmietta di peluche, una lampada piccolina, un libretto d’illustrazione per bambini. Lei si è rifiutata di prenderlo. Abbiamo iniziato a discutere. Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei. Voleva andare avanti, stava creando nuove relazioni, si stava ‘sentendo’ con un altro ragazzo”. La lite degenera e scatta la prima aggressione. “Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei, che mi sarei suicidato. Lei ha risposto decisa che non sarebbe tornata con me. È scesa dalla macchina, gridando ‘Sei matto, vaffanculo, lasciami in pace'” racconta il ventiduenne al pm. “Ero molto arrabbiato. Prima di uscire anch’io, ho preso un coltello dalla tasca posteriore del sedile del guidatore. L’ho rincorsa, l’ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava ‘aiuto’ ed è caduta. Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio, mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo. Allora l’ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva. Ha sbattuto la testa. L’ho caricata sul sedile posteriore”.

L’ultima coltellata sull’occhio

Giulia urlava e un testimone aveva realizzato la situazione di pericolo sollecitando l’intervento delle forze dell’ordine senza, tuttavia, fornire dettagli utili all’identificazione dell’auto. Turetta infatti riparte con la sua Fiat Punto nera e guida per circa quattro chilometri verso un luogo più isolato, nella zona industriale di Fossò. “Mentre eravamo in macchina lei ha iniziato a dirmi ‘cosa stai facendo? Sei pazzo? Lasciami andare’. Era sdraiata sul sedile, poi si è messa seduta. Si toccava la testa. All’inizio pensavo solo a guidare. Poi ho iniziato a strattonarla e tenerla ferma con un braccio. C’eravamo fermati in mezzo alla strada, ho provato a metterle lo scotch sulla bocca, non mi ricordo se se l’è tolto o è caduto da solo perché non l’avevo messo bene. Si dimenava. È scesa e ha iniziato a correre. Anch’io sono sceso”.

“Avevo due coltelli nella tasca in auto dietro al sedile del guidatore. Uno l’avevo lasciato cadere a Vigonovo. Ho preso l’altro e l’ho rincorsa. Non so se l’ho spinta o è inciampata. Continuava a chiedere aiuto. Le ho dato, non so, una decina, dodici, tredici colpi con il coltello. Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia. Mi ricordo che era rivolta all’insù, verso di me. Si proteggeva con le braccia dove la stavo colpendo. L’ultima coltellata che le ho dato era sull’occhio. Giulia era come se non ci fosse più. L’ho caricata sui sedili posteriori e siamo partiti. Avevo i vestiti abbastanza sporchi del suo sangue” spiega Turetta che poi racconta al pm i due tentativi, falliti, di togliersi la vita.

Il primo tentativo di suicidio

Il primo lungo la strada per il lago di Barcis, dove abbandona il corpo dell’ex fidanzata. “Mi sono fermato in un punto in cui non c’erano case e sono rimasto un po’ lì. Ho provato anche con un sacchetto a soffocarmi, però anche dopo averlo legato con lo scotch non sono riuscito e l’ho strappato all’ultimo. Allora ho preso lei e sono andato a nasconderla” prima di ricominciare la fuga che finisce in Germania, vicino Lipsia, dopo una settimana.

La fuga in Germania e la rassegnazione “a non suicidarmi”

Turetta racconta la fuga in Germania e il secondo tentativo di togliersi la vita: “Avevo un pacchetto di patatine in macchina e una scatolina con qualche biscotto. Non ho mai comprato nulla da mangiare. I soldi che avevo li ho spesi per i rifornimenti di benzina. Volevo togliermi la vita con un coltello che avevo comprato, ma non ci sono riuscito. Pensavo che se avessi fumato e bevuto sambuca sarebbe stato più facile suicidarmi, ma invece ho vomitato in macchina”.

Decide allora di accendere il cellulare. “Cercavo notizie che mi facessero stare abbastanza male da avere il coraggio per suicidarmi, ma ho letto che i miei genitori speravano di trovarmi ancora vivo e ciò ha avuto l’effetto opposto. Mi sono rassegnato a non suicidarmi più e ad essere arrestato”.

La difesa di Turetta sull’accusa di premeditazione

Nella chiusura delle indagini emerge che il giovane spiava Giulia con un’applicazione sul suo cellulare e che avrebbe studiato il femminicidio dall’inizio di novembre, quindi avrebbe comprato il nastro adesivo per impedirle di urlare, preso appunti al pc su come legarle mani e piedi, preparato vestiti, soldi e provviste per scappare, studiato mappe per nascondere il corpo e agevolare la fuga.

La sua difesa, in quest’ottica, è la seguente. Ai magistrati ha spiegato che aveva comprato da poco il nastro adesivo “se mai fosse servito per attaccare il papiro della laurea di Giulia” (prevista cinque giorni dopo il delitto). I coltelli? Erano della “cucina di casa mia. Li avevo messi in macchina perché avevo anche avuto pensieri suicidi” e “i vestiti sporchi di sangue li ho cambiati con altri che avevo in macchina. In auto ho sempre un cambio, coperte, qualcosa da mangiare e da bere”.

 

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