È la prima unione civile in carcere
Giulio e Alberto, storia d’amore in carcere poi il matrimonio: “Iniziamo insieme una vita diversa, senza errori”
La parola “amore”, l’affetto, in carcere sembra non avere modo di esistere, un sentimento schiacciato e soppresso. Eppure può essere così forte, così profondo, da superare ogni difficoltà, anche dietro le sbarre, dove il grigiore e la brutalità di tutto troppo spesso prendono il sopravvento. E più forte di ogni difficoltà è stato l’amore tra Giulio e Alberto, che in carcere si sono conosciuti, lì è scattato il colpo di fulmine e infine hanno coronato il loro sogno d’amore proprio nella Casa Circondariale “G.Salvia” di Poggioreale, Napoli, uno di più affollati d’Italia. “Omnia vincit amor”, è proprio il caso di dirlo. “Sono contento di raccontarlo, perché è stato un momento bellissimo. E spero aiuti tanti altri ad avere fiducia nel loro amore, nel futuro, anche nelle difficoltà”, ha detto Alberto al Corriere della Sera. Una storia che è luce e speranza nell’inferno delle carceri.
Giulio ha 35 anni, Alberto 32, e tutta la vita davanti. Si sono conosciuti e innamorati a Poggioreale, nel Padiglione Salerno. “Io sono già libero, Giulio sarà fuori tra tre anni. Ma abbiamo già dei progetti, inizieremo insieme una vita diversa, senza commettere più errori”, continua Alberto. E il primo grande passo lo hanno fatto: si sono sposati con una cerimonia celebrata dal responsabile dell’ufficio di stato civile del Comune all’interno della Sala Magistrati, ha presenziato la Direzione della Casa Circondariale insieme ad alcuni educatori della struttura. La prima unione civile in un carcere.
Alberto racconta la loro storia d’amore. Si sono conosciuti quando Alberto è arrivato in carcere e ha trovato Giulio nella cella che gli è stata assegnata. “Non è stato un colpo di fulmine, no. Io Giulio siamo stati prima amici, amici veri, per due anni. Poi abbiamo capito che ci univa un sentimento più profondo”, continua il racconto al Corriere. Poi Alberto è uscito e a Giulio mancano tre anni. “Ora pensiamo al futuro. Io sto lavorando facendo pulizie nelle case, negli uffici. L’idea è quella di avviare una piccola impresa che si occupa di questo. Ma se sarà necessario andare via da Napoli per costruirci una vita migliore lo faremo”. A sentire la loro storia sembra che l’amore sia stata la spinta più grande per cambiare e ambire a qualcosa di migliore, più bello e importante della vecchia vita.
Il matrimonio si è svolto con tanto di scambio di fedi e promesse lette tra l’emozione. Hanno partecipato anche alcuni familiari di Giulio, Antonello Sannino, presidente di Antinoo Arcigay Napoli, Rosa Rubino e Pasquale Ferro, quest’ultimo in qualità di testimone, volontari del progetto “Al di là del muro”, frutto di un protocollo di intesa tra l’associazione e la Casa Circondariale (insieme al Centro di Ateneo SINAPSI dell’Università Federico II di Napoli e Fondazione Genere Identità e Cultura) e che sarà esteso anche al Casa Circondariale di Secondigliano, volto a creare un sostegno psicologico, legale, ma anche ludico-letterario, per detenuti omosessuali e transessuali nel carcere napoletano. Anche per loro le emozioni sono stati grandi: “Ci siamo commossi. Hanno pianto loro, i familiari di Alberto, e anche le guardie penitenziare erano visibilmente emozionate. È stato una parentesi di gioia e distensione in un contesto non sempre facile”, ha detto Sannino. Ed è un emozione grande anche solo raccontare questa storia perché testimonia quanto è grande l’amore e l’affetto, soprattutto in un luogo buio come il carcere.
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