Altro capitolo nel processo ai quattro agenti egiziani
Giulio Regeni, i giudici: “Torturato con brutale e gratuita violenza fisica”. La procura: “Serve impegno della Farnesina”
Nelle scorse ore la premier Giorgia Meloni è volata al Cairo, insieme ad altri leader europei, per stringere un accordo miliardario con l’Egitto di Al-Sisi. Oggi è stato scritto l’ennesimo capitolo sulla vicenda dell’omicidio di Giulio Regeni, per cui sono accusati quattro agenti egiziani. I giudici della Prima Corte d’Assise di Roma hanno confermato le violenze e le torture inflitte ai danni del giovane ricercatore italiano, mentre la procura ha confermato la lista dei testimoni da ascoltare nel processo a carico dai quattro imputati.
Giulio Regeni, i giudici: “Brutale e gratuita violenza fisica”
I giudici italiani hanno respinto le eccezioni avanzate dai legali dei quattro agenti egiziani della National Security, il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Nell’ordinanza, la Prima Corte d’Assise di Roma ha sottolineato come il ricercatore sia stato torturato. “Brutale e gratuita violenza fisica e di inflizione di sofferenze corporali personali che non possono che avere prodotto, per la loro imponenza, gravissimo dolore e tormento in senso stretto, in un crescendo che ha originato l’evento morte, anche a voler trascurare il dato del patimento psicologico” scrivono i giudici, aggiungendo: “Le modalità prescelte per il sequestro non possono che essere ispirate a quelle finalità essenziali della tortura pubblica di tipo punitivo e/o intimidatorio”.
Giulio Regeni, tortura con “strumenti e mezzi contundenti”
Secondo quanto comunicato dai magistrati, Giulio Regeni è stato sottoposto a “gravi lesioni personali di natura fisica“. Botte, pugni, calci, bastonate, mazzate. Di tutto e di più. Tutti colpi degli agenti egiziani “all’origine dell’indebolimento e della perdita permanente di più organi attraverso strumenti di tortura e mezzi contundenti di varia natura sino a cagionarne la morte, con la connessa contestazione circostanziale delle aggravanti delle sevizie e della crudeltà, quand’anche rubricate nell’unica fattispecie che al tempo lo consentiva in attuazione del principio di legalità possono agevolmente ricomprendersi nel concetto più puro e minimale di ‘tortura‘, così come allora vivente nell’ordinamento e semplicemente esplicitato in via postuma dall’art. 613 bis del codice penale“, spiegano i giudici.
Giulio Regeni, respinte le eccezioni dei difensori degli imputati egiziani
L’Egitto e i quattro imputati si sono sempre nascosti dietro all’irreperibilità degli agenti accusati dell’omicidio. Ma la Corte d’Assise, presieduta da Paola Roja, ha deciso per il respingimento delle eccezioni sulla “mancata identificazione degli imputati ovvero alla sua assoluta incertezza”. “Da un lato, infatti, le generalità con cui gli imputati sono stati tratti a dibattimento, talora leggermente difformi da quelle esistenti nei documenti provenienti dalle Autorità egiziane in ragione di profili di traslitterazione tra lingua araba e caratteri alfabetici occidentali, sono frutto di autodichiarazioni degli stessi, peraltro pubblici ufficiali, rese in pari atti pubblici, qui prodotti in quanto acquisiti dagli organi d’inchiesta egiziani (in particolare presso la Procura Generale del Cairo), identificati da quegli inquirenti, accompagnati dall’indicazione di una professione e di una funzione di rilievo esterno che ne rendono assolutamente certa l’identità fisica, anche per il rinvio ad atti pubblici della Repubblica d’Egitto che, in ragione delle cariche svolte entro l’amministrazione statale o locale, consegnano certezza soggettiva sull’attribuzione delle condotte in ipotesi agite” hanno spiegato i giudici.
Giulio Regeni, l’appello della procura al ministero degli Esteri
In tarda mattinata, la procura di Roma, tramite il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, ha spronato il ministero degli Esteri italiano a cercare la collaborazione del Cairo. Anche solo per notificare gli atti ai quattro agenti e premere affinché la procura possa ascoltare i testimoni che vivono in Egitto. “Lo diciamo sin da ora: servirà un proficuo lavoro del ministero degli Esteri che dovrà suscitare la collaborazione delle autorità egiziane. Solo la polizia egiziana, infatti, può notificare gli atti e dare il via libera per ascoltare a processo i 27 testimoni inseriti nella nostra lista e che vivono in Egitto. Questa collaborazione sarà fondamentale per una compiuta ed esaustiva ricostruzione dei fatti” ha sostenuto Colaiocco dopo aver resa nota la lista dei testimoni da ascoltare. Nella lista, oltre al leader egiziano Al-Sisi, anche gli italiani Matteo Renzi, Marco Minniti ed Elisabetta Belloni.
La necessità di trovare la cooperazione con l’Egitto sul caso Regeni, si scontra con l’esigenza di avere rapporti diplomatici tra Roma e il Cairo. Cosa che il viaggio di Meloni in Egitto ha confermato. In questo la Farnesina, come ha esortato la procura, dovrà impegnarsi a convincere la controparte egiziana, in modo da non far scivolare nell’oblio il processo a carico dei quattro agenti. Un impegno e una posizione chiara, non come visto anche di recente sul caso dell’omicidio dell’ambasciatore Luca Attanasio, dove il ministero degli Esteri ha sposato la linea del Pam per non processare i due funzionari dell’agenzia Onu.
Una ragnatela che si è stretta attorno a Giulio
Sempre in aula, il procuratore Colaiocco ha delineato le mosse dei quattro agenti egiziani accusati dell’omicidio di Regeni: “Il quadro complessivo che è emerso è quello di una ragnatela che piano piano, tra il settembre del 2015 ed il 25 gennaio del 2016, si è stretta attorno a Regeni da parte degli imputati. Ragnatela creata sia attraverso l’acquisizione del passaporto a sua insaputa, perquisizioni in casa in sua assenza, pedinamenti, fotografie e video, sia attraverso le persone ‘amiche’ che Regeni frequentava le quali riferivano, in tempo reale, agli imputati dei loro incontri con l’italiano”.
Regeni, la posizione di Meloni e le parole della legale della famiglia
“Non commentiamo le parole della premier Meloni, diciamo solo che nel nostro Paese fortunatamente c’è la separazione dei poteri, a differenza di quello che succede nei regimi”, ha detto l’avvocato Alessandra Ballerini, legale dei genitori di Giulio Regeni, Claudio e Paola. Il riferimento è alla visita della premier Meloni di ieri al Cairo. La presidente del Consiglio ha dichiarato che “l’Italia pone tendenzialmente sempre questa questione”. C’è un processo in Italia che sta andando avanti, continueremo a tentare di ottenere qualcosa di più”, ha aggiunto Meloni. Ma intanto nell’accordo tra l’Unione Europea e l’Egitto non c’è nessun riferimento al caso Regeni.
Regeni e i rapporti Italia-Egitto, il commento di Guerini
Sui rapporti tra Italia ed Egitto, questa mattina era intervenuto Lorenzo Guerini, ex ministro della Difesa, attuale presidente del Copasir e deputato del Pd, in un’area moderata come quella di Base Riformista. Ospite a Start, su Sky Tg24, Guerini da una parte ha dichiarato come sia “giusto dialogare con l’Egitto, perché è un attore importante negli equilibri del Mediterraneo. Penso sia giusto mantenere una relazione con tutti i Paesi che si trovano nell’altra sponda del Mediterraneo”. Dall’altra ha comunque posto attenzione al tema dei diritti e del caso Regeni: “Questo però non significa nascondere le difficoltà che questa interlocuzione comporta, e non significa tacere sui diritti civili o arretrare sulla richiesta di procedere nell’individuazione dei responsabili dell’omicidio Regeni. Questo è un confronto che deve avere punti chiari, continuando a rappresentare i nostri valori”.
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