Sono stati i suoi familiari a trovare il corpo senza vita di Giuseppe De Donno, l’ex primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova e padre della terapia anti Covid con il plasma iperimmune. Si sarebbe suicidato impiccandosi ma la procura di Mantova vuole vederci chiaro e ha deciso di aprire formalmente un’inchiesta per capire se dietro quella morte apparentemente volontaria ci possa essere qualcuno che lo ha indotto a farlo.

A destare sospetto il fatto che il medico non abbia lasciato alcun biglietto per la sua famiglia nella casa di Eremo di Curtatone dove è stato trovato il 27 luglio. Già ieri sera i carabinieri e il magistrato hanno sentito i familiari, la moglie e i due figli, mentre sono stati posti sotto sequestro i cellulari e il computer del medico.

De Donno, che il 5 luglio scorso si era dimesso dal ruolo di primario della pneumologia dell’Ospedale di Mantova per iniziare con entusiasmo la sua attività di medico di base, era diventato il simbolo della lotta al Covid. Era il marzo 2020 quando scoppiò la pandemia che colpì subito il nord Italia. Lui sempre in prima linea in quei giorni in cui poco o nulla si sapeva del virus, fu tra i primi a proporre una terapia mediante l’uso del plasma prelevato dagli infettati e guariti e poi trasfuso nei malati.

Questa pratica fu molto dibattuta all’epoca suscitando molte polemiche tra favorevoli e contrari. De Donno era un assiduo frequentatore, fino a qualche mese fa, di Facebook, dove anche con falsi profili discuteva con se stesso dell’efficacia del plasma iperimmune. Qualche tempo fa ne era però uscito quando si era accorto che tanti dei suoi seguaci erano no vax. Adesso sui social la sua morte, oltre a suscitare cordoglio e commozione, ha anche scatenato una raffica di teorie complottistiche.

A suscitare dubbi in cui innestare teorie, molte delle quali estremamente fantasiose, la decisione di De Donno di lasciare il ruolo di primario e diventare medico di base. De Donno non ha mai pubblicamente affermato che ci potesse essere una correlazione con la delusione per la terapia al plasma iperimmune da lui studiata e poi giudicata inefficace. Forse quello stop potrebbero aver fatto riaffiorare i fantasmi di un vecchio disagio psicologico fin lì tenuto a bada forse anche dalla necessità di stare accanto ai suoi pazienti in un momento così difficile come quello appena trascorso.

I suoi ex colleghi della pneumologia e la direzione dell’Asst, sconvolti per l’accaduto, in una nota, lo ricordano come un “professionista eccellente e di grande umanità” e per “la sua completa abnegazione”, con i pazienti al primo posto. “Giuseppe era così, a momenti solare e in altri ombroso”, “perchè disilluso da qualcosa o indispettito o arrabbiato per non essere riuscito a fare quello che sperava per i pazienti. Speriamo che ora possa trovare quella pace che gli è mancata qui”.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.