Le fotografie di un tribunale desolatamente vuoto, scattate ieri in orario di punta, testimoniano, meglio di ogni parola, le preoccupazioni per la ripresa dell’attività giudiziaria prevista al termine della pausa feriale di agosto dopo la paralisi causata dalla pandemia che nel settore giudiziario si è protratta oltre ogni ragionevole misura per discutibili scelte legislative che di fatto hanno lasciato ai vertici dei singoli uffici giudiziari ampio spazio per stabilire come e quando effettivamente riprendere le attività. Occorre innanzitutto ricordare come l’avvocatura avesse lealmente manifestato la propria disponibilità perché il periodo feriale di quest’anno venisse impiegato per recuperare quelle attività giudiziarie saltate a causa del Covid-19, ma nei fatti quella proposta è rimasta senza alcun seguito. Così come senza seguito sono rimaste le proposte dell’avvocatura affinché alcune riforme di buon senso – peraltro a costo zero per la pubblica amministrazione – avessero luogo come quella del deposito di qualsiasi impugnazione o istanza mediante posta elettronica certificata: dopo qualche timido passo si è tornati alla normalità che non consente l’invio telematico di tali atti con la garanzia – che non può che promanare dal testo di legge – che gli stessi non vengano mai esaminati dal giudice o addirittura vengano dichiarate irricevibili e inammissibili, con gravi danni per le parti e serie responsabilità per gli avvocati. La verità è che, senza il personale giudiziario inteso anche e soprattutto come personale di segreteria e cancelleria, la macchina giudiziaria non può funzionare. E allora occorre discutere se lo smart working sia compatibile o meno con il sistema giudiziario. Partiamo da una premessa: per la ripresa si attende una volta e per tutte che la macchina giudiziaria viaggi con una organizzazione e una efficienza ben diversa da quella che finora si è registrata tenendo presente che le iniziative e le richieste degli avvocati interpretano uno dei massimi diritti del cittadino che è quello a chiedere e ad avere giustizia, diritto che è non è secondo a nessuno ed è pari a quello alla salute. E allora va bene l’attenzione del Governo per le spiagge e per le discoteche, ma è ora che i nostri amministratori rivolgano la loro attenzione al settore della giustizia, operando le giuste riforme perché la macchina giudiziaria oggi ferma possa riavviarsi. In tal senso ritengo che il lavoro agile ben poco si presti al funzionamento del sistema giudiziario e anzi lo renda impossibile.

Anche qui una premessa per non esser fraintesi: non è in discussione la capacità e lo spirito di sacrificio dei singoli operatori giudiziari che anche durante la pandemia hanno operato al meglio in una situazione di oggettiva difficoltà. nessuno ha in mente che durante lo smart working gli operatori giudiziari se ne stiano in poltrona davanti a un computer acceso, magari sorbendo un caffè o navigando su internet. Ma se l’attività giudiziaria richiede la presenza del cittadino (la giustizia è amministrata in nome del popolo Italiano) e dunque dell’avvocato per curare gli affari giudiziari, tale intervento non può essere reso vano o grandemente scemato a causa del cosiddetto lavoro agile che permette l’assenza dell’operatore di giustizia nei tribunali. Sotto questo profilo si attende per la ripresa una risposta chiara che, partendo dai vertici degli uffici, giunga a tutti gli operatori giudiziari: sulla premessa per cui, non avendo accesso per ovvie ragioni di sicurezza, al sistema informativo giudiziario, il personale amministrativo stando a casa e non negli uffici ben poco può svolgere della sua prestazione lavorativa, risulta evidente che lo stesso va riportato al suo posto, cioè all’interno degli uffici giudiziari, a rispondere alle legittime domande di giustizia dei cittadini mediate dagli avvocati. Una risposta che, a ben vedere, già avrebbe dovuto esserci se è vero che mancano poche ore alla ripresa a tutti gli effetti delle attività giudiziarie (e del decorso dei termini processuali) e non è utopico prevedere che la impossibilità di fare oggi – come le foto attestano – i dovuti controlli o di svolgere le ordinarie attività di cancelleria determineranno i temuti assembramenti al momento della effettiva e completa ripresa della macchina giudiziaria che appare non più rinviabile. I lavoratori subordinati del comparto giustizia – dal dirigente al commesso, tutti importanti a seconda della diversità delle mansioni loro affidate – vengano dunque richiamati “al fronte”, in attesa delle “forze fresche” che dovrebbero essere garantite dalle auspicate nuove assunzioni di personale giudiziario dotato di sempre maggiore dimestichezza con i sistemi informativi, per riprendere una volta e per sempre il funzionamento del sistema giustizia, bene primario di uno Stato di diritto. Certamente occorrono interventi a livello legislativo e provvedimenti di tipo organizzativo che escludano oppure riducano al minimo le prestazioni in smart working e dispongano che la giustizia torni a vedere in prima linea i giudici e il personale amministrativo al pari degli operatori sanitari. Consapevoli che in prima linea troveranno sempre e comunque gli avvocati, pur con le loro ben maggiori incertezze reddituali evidenziate dalla pandemia, che attendono una risposta dalla politica che metta mano senza ulteriore indugio a una riforma chiamata a ridurre la pressione fiscale oggi inaccettabile e al di là di ogni limite di sopportazione.