È possibile che una persona finisca in galera a distanza di 21 anni dal momento in cui ha commesso i reati per i quali è stata condannata? È ammissibile che un uomo, capace di affrancarsi dalla criminalità organizzata oltre che di trovare un lavoro onesto e di mettere su famiglia, debba all’improvviso ritrovarsi in cella? È logico che, in un momento in cui il Covid dilaga, si continui ad alimentare il viavai dai penitenziari che rischiano così di trasformarsi in pericolosi focolai? La risposta ai tre interrogativi sarebbe no, almeno in un Paese dove la giustizia non è malata. Non in Italia, dunque, né tantomeno a Napoli, dove i cancelli del carcere di Poggioreale si sono aperti per un 47enne condannato per reati commessi nell’ormai lontano 1999.

Protagonista della vicenda è Giuseppe Marziale, meglio conosciuto come Pippo, chiamato a scontare una pena di 11 anni, 11 mesi e 16 giorni di reclusione per associazione mafiosa e spaccio di droga commessi 21 anni fa, quando faceva parte di un gruppo malavitoso di stanza nei Quartieri Spagnoli di Napoli, precisamente nella zona di Sant’Anna a Palazzo. I componenti di quella organizzazione sono stati uccisi. Tutti. Tutti a eccezione di Pippo che all’epoca, dopo l’arresto e la successiva scarcerazione per mancanza delle esigenze cautelari a opera del Riesame, decise di cambiare vita: oggi ha un lavoro onesto, una moglie che lo ama e tre figli. Il suo percorso di reinserimento sociale, però, è stato bruscamente interrotto qualche giorno fa, quando si è visto notificare un ordine di carcerazione a 21 anni di distanza dai fatti contestatigli dalla magistratura partenopea.

«Questo provvedimento – commenta il legale di Giuseppe, l’avvocato Sergio Pisani – rappresenta il fallimento totale dell’attuale sistema giustizia. Che senso ha, dopo 21 anni da un fatto di reato, far scontare 11 anni di reclusione a un soggetto che in un ventennio si è totalmente riabilitato lavorando onestamente e mettendo su famiglia?» Di qui l’appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Chiederemo la grazia al capo dello Stato – annuncia l’avvocato Pisani – perché la funzione rieducativa della pena non si deve trasformare in una mera funzione punitiva annullando, di fatto, un percorso di vita che, nel caso di Giuseppe, viene incredibilmente stroncato».

Pippo va ad affollare ulteriormente le celle del carcere di Poggioreale dove attualmente sono tre i detenuti positivi al Covid. Non va meglio negli altri penitenziari della Campania: a Secondigliano sono 44 i reclusi colpiti dal Coronavirus. A Benevento, invece, ce n’è solo uno. In totale sono 78 i contagiati tra personale, agenti e operatori penitenziari e sanitari. Sull’evoluzione della pandemia dietro le sbarre resta alta l’attenzione del garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello: «La seconda ondata del virus ha portato nel sistema carcere più contagiati e morti della prima. Per la politica il carcere resta una zona grigia, una risposta semplice a problemi complessi. La pena, oggi, porta con sé un sovraccarico di sofferenze e umiliazione non scritto in sentenza e, soprattutto, non riesce a ricostruire una nuova identità sulla quale innestare un percorso di cambiamento. I dati parlano di quattro detenuti morti per Covid in Campania, più un agente di polizia penitenziaria a Santa Maria Capua Vetere e il medico sanitario di Secondigliano. Eppure la politica continua a minimizzare».