Un recente articolo di stampa (Sole 24ore del 16 aprile 2020) dà atto dell’iniziativa assunta dall’Agenzia delle Entrate sul tema del rinvio delle udienze e della sospensione dei termini processuali causa pandemia in atto da Covid-19 nel processo tributario attraverso l’adozione di una circolare (la n. 10 del 16 aprile 2020) in un settore vitale del nostro ordinamento giuridico, come quello tributario sostanziale e processuale, che stride con le più elementari regole costituzionali ove vige il principio di riserva di legge assoluta.

In una fase storica votata all’oscurantismo delle garanzie costituzionali del cittadino causa emergenza in corso, quelle riservate al cittadino contribuente si riducono al lumicino, avendole addirittura prese in consegna una delle parti del processo tributario: appunto l’Agenzia fiscale, titolare di una semplice, quanto legittima, difesa di una pretesa contributiva cui si contrappone nel processo tributario altrettanto, semplice e legittimo, interesse del contribuente a contrastare detta pretesa, con l’aggravante del titolare del potere impositivo che si erge ad interprete autentico del legislatore, dettando regole (poi definite ‘chiarimenti’ nella circolare), anziché per il solo personale dipendente, anche per giudici, ricorrenti e loro difensori, scambiandoli per dipendenti al proprio servizio cui dare ordini a mezzo di circolari e dando, altresì, per scontata una velata subordinazione gerarchica.

Il quadro d’insieme che ne emerge è idoneo a provocare l’ennesimo cortocircuito costituzionale che contribuisce, ancor di più semmai ce ne fosse bisogno, a confondere e ad allontanare il cittadino-contribuente dalle Istituzioni, sempre più convinto di trovarsi, non al cospetto di un competitore parimenti armato in un giusto processo, quanto e più in un processo domestico diretto da una delle parti che, oltre a disporre del personale amministrativo presente nelle Commissioni tributarie, ora decide quali processi fare e quali rinviare. Infatti, l’Agenzia delle entrate si è impegnata a chiarire a tutti le regole di nuovo conio sul rinvio d’ufficio dei processi, sulle relative eccezioni e sulla sospensione dei termini nel processo tributario, in un perimetro che il legislatore ha rimesso alla sola e libera interpretazione del giudice nel processo e non fuori di esso.

A questo punto urge l’intervento dell’organo di autogoverno dei giudici tributari, il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, l’unico organo legittimato a fornire, come ci accinge a fare con una delibera ad hoc, mere indicazioni, linee guida, e non di certo circolari, in grado di valorizzare le best practice già esistenti e ad uniformare le prassi degli uffici sul territorio nazionale.

Salutando con favore l’iniziativa dell’organo dei giudici tributari, l’invito, mai come adesso, è rivolto al legislatore che nel post Covid-19 trovi tempo e modo per riprendere il tema della riforma della giustizia tributaria per ridare fiducia ai cittadini e credibilità all’intero sistema della giustizia tributaria, rendendola anche formalmente autonoma ed indipendente al pari delle altre giurisdizioni, non potendo un Paese civile come l’Italia anche soltanto far apparire il giudice tributario al servizio del potere esecutivo, ricordando che l’art. 111, comma 2, della Costituzione testualmente dispone: «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata».

Ebbene, oggi non può dirsi che tale postulato costituzionale sia rispettato nel processo tributario, dove, per legge (art. 9, comma 1, D.lgs. n. 545 del 31 dicembre 1992), i componenti delle Commissioni tributarie sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del ministro dell’Economia e delle Finanze (cioè una delle parti in causa del processo tributario), previa deliberazione del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria.

È indubbio, pertanto, il legame che esiste tra le Commissioni tributarie ed il Ministero dell’economia e delle finanze, a sua volta strettamente collegato con il principale e abituale protagonista delle liti tributarie, cioè l’Agenzia delle entrate. E allora, caro legislatore, tra le tante, majora premunt, serve garantire al cittadino contribuente davvero un giudice terzo ed indipendente, collocato al di fuori dell’organizzazione fiscale che è chiamata a giudicare che, tra le altre, decide anche tempi e modalità della sua retribuzione.