Nel Sì & No del giorno del Riformista, spazio al dibattito sulla comunione ai ai divorziati risposati. Favorevole Don Luigi Merola, secondo il quale se “per un incidente di percorso, le strade si separano, non si possono costringere due persone a stare assieme per forza e per giunta per tutta la vita. E questo anche per il bene dei figli, specie se sono minorenni”. Contraria Suor Anna Monia Alfieri che sostiene: “Non ci troviamo davanti ad una scelta ispirata al relativismo: il matrimonio rimane uno, unico e indissolubile”.

Qui il commento di Don Luigi Merola

Fin da quando ero in seminario minorile, Paolo VI di Napoli, mi colpivano le parole del mio padre spirituale, don Stefano Cimmino, al sì alla comunione per le coppie risposate. Proprio durante la formazione, noi giovanissimi seminaristi, eravamo colpiti da questo prete, statura bassino, di corporatura esile, ma con una forza d’animo fuori dal normale, e che con una voce, già controcorrente, all’interno della Chiesa diceva: “Chi siamo noi, rappresentanti della misericordia di Dio per dire no a chi vuole il corpo del Signore. Se Gesù nel vangelo ha sempre detto durante l’ultima cena: “Prendete e mangiatene tutti”? Tutti, un aggettivo indefinito che indica una totalità indeterminata, nessuno escluso. Papa Francesco ha risposto, oggi, ai 5 dubia che gli avevano fatto pervenire nel luglio scorso i cardinali, Brandmuller, Burke, Sandoval, Sarah e Zen Ze-kiun. La risposta è stata pubblicata sul sito del Dicastero per la Dottrina della Fede. Papa Francesco parla chiaro: la Chiesa deve inevitabilmente aggiornarsi e stare a passo con i tempi.

Le decisioni che, in determinate circostanze, non devono necessariamente diventare norma. La Chiesa è fatta di storia che può cambiare, deve discernere ciò che è essenziale per la salvezza, la Chiesa non deve perdere la carità pastorale nella relazione con le persone. Non possiamo essere giudici che solo “negano, respingono ed escludono”. Questa è la novità importantissima che fa emergere la grandezza di questo Papa: la Chiesa non deve più coniugare questi verbi: negare, respingere, escludere. La Chiesa rappresenta l’Alter Christus, un Altro Cristo. Voi immaginate per un attimo le parole del Signore nel vangelo di Matteo 21,30: “I Pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio”.

La Chiesa accoglie e non respinge, specie chi pentito vuole tornare tra le braccia di sua Madre. Ecco perché, oggi come allora, fin da quando ero seminarista, sono sempre più convinto che a nessuno va negata la comunione. Chi arriva all’altare e si sposa è convinto che il suo matrimonio durerà per sempre. Ma se per un incidente di percorso, le strade si separano, io non posso costringere due persone a stare assieme per forza e per giunta per tutta la vita. E questo anche per il bene dei figli, specie se sono minorenni. Io ho sempre accolto tutte le persone che volevano avvicinarsi alla comunione fin da quando ero parroco di Forcella.

Le parole del Papa mi confortano e non mi fanno sentire stonato dalla mia Chiesa che ho imparato ad amare e a seguire fin da quando avevo 10 anni. Nella mia vita di sacerdote, ho allontanato solo i camorristi e gli spacciatori di morte. Questi sono fuori dalla Chiesa perché si sono messi con i loro piedi fuori dalla Chiesa. Hanno scelto la morte, il male, il buio più totale. E chi opera il male e fa male agli altri va condannato e messo fuori dall’ovile altrimenti il lupo si mangia anche le altre pecore. Spero che il Sinodo iniziato ieri 4 ottobre, giorno di San Francesco, porti un’ondata di luce e di novità nella Chiesa Cattolica che significa universale. La Chiesa deve rinnovarsi, deve cambiare, deve ascoltare il grido dell’uomo e le sue sofferenze. Senza l’uomo la Chiesa non potrà mai dirsi madre perché la madre è madre se ha i figli. Questi figli vanno accolti, curati, benedetti ed amati. Allora il si alla comunione li farà sentire più vicini, più maturi, più testimoni di questa luce che deve ritornare a splendere in più parti della terra.

Don Luigi Merola

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