A volte i vecchi vizi non tramontano mai. Leggendo un articolo di Franco Monaco sul Fatto Quotidiano sul progetto politico di Renzi, di Fioroni, dei Popolari e di molti altri per dar vita ad un Centro politico e di governo nel nostro Paese, ci vengono in mente le antiche invettive e i vecchi, e ben collaudati, anatemi contro gli avversari/nemici. Verrebbe da dire nulla di nuovo sotto il sole ma quello che ci colpisce sempre sono i giudizi, ovviamente sprezzanti e carichi di livore, che provengono da quei pulpiti.
Giudizi e anatemi che appartengono ad un metodo – che misteriosamente si fa risalire al cattolicesimo democratico – ricco solo di attacchi personali, di demolizione delle rispettive storie culturali e politiche e infine di scherno e di dileggio nei confronti del profilo stesso delle persone che si vogliono colpire. Un metodo che, come noto, si caratterizza per la sua carica etica riconducibile ad una ineffabile e alquanto singolare inspirazione cristiana.
Certo, quando si accusano altri esponenti di mera ricerca del potere, di trasformismo e di altre nefandezze occorre sempre essere sempre, di norma, esemplari. Anche sul terreno del potere e della sua ricerca. Terreno su cui Monaco non può vantare grandi meriti se è vero, com’è vero, che lo stesso Monaco è stato quattro volte parlamentare – ruolo esercitato sempre con diligenza ed onore – eletto però sempre in collegi diversi di volta in volta. O in collegi uninominali cosiddetti “blindati” o nelle liste bloccate.
Ma, al di là di questo dettaglio e per tornare all’inizio di questa breve riflessione, quello che ci colpisce è l’approccio dogmatico e ultimativo di questi giudizi. Al riguardo, ci ricordano molto ciò che dicevano i cosiddetti “indipendenti cattolici di sinistra” negli anni ‘70 – quelli che venivano eletti nella fila del Pci peer confermare la natura plurale di quel grande partito – nei confronti dei leader e statisti cattolici che militavamo nella Dc. Era sempre un misto di disprezzo, di altezzosità, di disistima, di svilimento e di scherno che non risparmiava quasi nessuno di quei grandi e qualificati leader. Salvo i pochi, all’epoca, che individuavano nel Pci l’unico interlocutore politico per il consolidamento futuro della democrazia italiana.
Mutatis mutandis, è lo stesso atteggiamento che oggi gli accaniti sostenitori della sinistra massimalista e radicale della Schlein e della loro alleanza con i populisti dei 5 stelle – come Franco Monaco, nello specifico – riversano nei confronti di tutti quei popolari, cattolici democratici e cattolici sociali che non si rassegnano a giocare un ruolo del tutto subalterno, ornamentale e sostanzialmente inutile in partiti che hanno un’altra ‘ragione sociale’, che coltivano un’altra prospettiva politica e che credono e predicano valori e principi diversi se non addirittura alternativi rispetto al patrimonio storico del popolarismo di ispirazione cristiana.
Popolari e cattolici democratici che continuano a credere che un Centro dinamico, riformista, democratico e di governo, nonché plurale, possa e debba ancora avere un ruolo politico determinante e decisivo per la stessa qualità della democrazia italiana. E per poter declinare, soprattutto oggi, una vera ed autentica cultura riformista nel nostro paese, lontana da ogni sorta di massimalismo ideologico e radicale e alternativa rispetto al populismo anti politico, demagogico e qualunquista.
Il tutto con buona pace dei moralisti di ieri e di oggi e di coloro che continuano a dividere la politica tra chi può e deve essere preso in considerazione e quelli che, al contrario, sono indegni – appunto, anche sotto il profilo morale per non parlare di quello politico e culturale – di frequentare la cittadella politica italiana. Per fortuna nostra, e non solo, per il momento contano ancora le regole democratiche e il voto popolare. E non solo gli anatemi politici e le ‘fatwe’ moralisteggianti.