Dopo tre settimane in cui non era comparso accanto al papa negli appuntamenti pubblici, mercoledì il Vaticano ha confermato, ma in modo non ufficiale, un cambiamento di mansioni per monsignor Georg Ganswein, Prefetto della Casa Pontificia nella Curia di Francesco: è probabile che dedicherà più tempo a Benedetto XVI, di cui è anche segretario personale. Quali che siano i motivi (la salute di Benedetto, o le tensioni create dal libro sul celibato pubblicato dal cardinale Robert Sarah con un suo contributo, o entrambi), questa decisione potrebbe fare chiarezza sulle responsabilità a cui sono chiamati coloro che gestiscono e utilizzano l’immagine e la voce dell’emerito: è un messaggio non solo per monsignor Gaenswein.

È un momento importante nella storia di un’istituzione, quella del segretario personale del papa, che è sempre stata delicata, e che lo è diventata molto di più grazie alla novità istituzionale creata dalle dimissioni di Benedetto XVI. La decisione di “ridistribuire” i compiti dell’arcivescovo Gaenswein potrebbe essere la soluzione di una situazione che si trascinava da sette anni, cioè ancora prima delle dimissioni di Benedetto XVI e dell’elezione di Francesco. Nel dicembre 2012, infatti, cioè quando verosimilmente aveva già deciso di dimettersi ma prima dell’annuncio dell’11 febbraio 2013, Benedetto aveva nominato Gaenswein arcivescovo e Prefetto della Casa Pontificia, assicurandogli una immunità che lo avrebbe protetto dalle turbolenze di quel molto imperfetto “spoils system” che è la Curia Romana: uno “spoils system” che consente, ma soltanto con molti limiti, al nuovo papa di congedare gli alti funzionari del pontificato precedente e di nominare i “suoi” nella “sua” Curia.

La situazione creata da Benedetto XVI era innaturale perché Gaenswein doveva prepararsi a prestare servizio nella casa pontificia del nuovo papa senza che fosse mai ipotizzato un suo abbandono del ruolo di segretario personale di Joseph Ratzinger: non solo un doppio ruolo vulnerabile alle critiche di incarnare un conflitto di interessi tra papa Francesco e il suo predecessore, ma anche una funzione fattasi molto più delicata, quella del segretario personale di Ratzinger, a partire dal 28 febbraio 2013, data di termine a tutti gli effetti del pontificato. L’assoluta novità del ruolo di “emerito” apriva problemi inesplorati in termini di politica curiale ed ecclesiastica, di rapporti con i media e di rapporti con Francesco: una situazione che andava gestita con accortezza, in assenza di regole chiare o tradizioni consolidate.

Al netto delle evidenti differenze di sostanza e di stile tra i due papi, il problema del ruolo di Georg Gaenswein era molto più istituzionale che teologico: ma dal 2013 è diventato progressivamente più complicato. Servire Francesco come Prefetto della casa pontificia e allo stesso tempo continuare a svolgere le funzioni di segretario dell’emerito avrebbe potuto essere un modo di sottolineare la normalità della straordinaria transizione avviata nel marzo 2013. Col tempo invece si è fatta evidente la difficoltà di salvaguardare la persona di Benedetto XVI dai molti tentativi di strumentalizzarne il pensiero e l’autorità in modo ostile a Francesco. Vi è stata l’incapacità o talvolta la malafede da parte del vasto circolo ecclesiastico, politico, e mediatico ostile a papa Francesco – un circolo internazionale con succursali a Roma. Ma vi è stata incapacità anche da parte di monsignor Gaenswein, che spesso non si è sottratto alla tentazione di presentarsi alla stampa come il portavoce di un pontificato, quello di Benedetto XVI, che alcuni si ostinano a considerare non del tutto concluso.

Avrebbe avuto numerose occasioni di stroncare sul nascere assurde teorie sul potere dell’emerito, che andavano incontro alla volontà di estendere un pontificato a suo modo eccezionale come quello di Benedetto, ma anche ai desideri di delegittimare Francesco. Gaenswein invece non ha colto queste occasioni, anzi, in certi momenti ha dato l’impressione di voler occupare gli spazi creati da un vuoto legislativo e rituale al servizio di un’agenda potenzialmente eversiva dell’unità visibile della chiesa. È stata una grave mancanza. La decisione annunciata dal Vaticano questa settimana è solo uno dei dispositivi, e l’ultimo in ordine di tempo, con cui questo il sistema immunitario della chiesa ha reagito.