Dieci aprile 2025, New York. Gala degli italo-americani della Niaf. L’atmosfera – ci viene detto da chi c’era – è diversa rispetto alla cena di gala dell’anno scorso. Qualcosa di nuovo, nell’aria, si percepisce. Anche fuori. «Le pur sempre caotiche strade newyorchesi somigliano sempre più alle scene di Blade Runner. La confusione che arriva dalla Casa Bianca pervade il mondo intero e imperversa perfino tra le strade, nei circoli, nei ritrovi dove la politica e il business si incontrano nella Grande Mela», commenta il rettore dell’Università Link Campus di Roma, Carlo Alberto Giusti. L’accademico italiano è di casa, negli Stati Uniti.

«Tra gli smocking e le cravatte con il tricolore si può percepire quello che è stato, è e sarà sempre il nostro paese nel cuore degli Stati Uniti», dice ancora Giusti. Questo è un anno particolare, si sa. Si sente. Un anno nel quale la Niaf, organizzazione sempre attenta al respiro politico americano, percepisce in modo palpabile il riverbero della turbolenza che proviene da Washington. «E l’agitazione – confida il rettore Giusti – si coglie nei sussurri dei partecipanti». Tra i discorsi dei rappresentanti seduti nei sontuosi tavoli tondi ci sono non pochi uomini di Wall Street.

«Donald Trump – prosegue Giusti – ha ritirato con una incredibile inversione a U la minaccia dei dazi. Molti sono convinti che faccia parte di una strategia. Certamente tra i tavoli della Niaf non vi sono gli elementi che hanno convinto Donald Trump a cambiare rotta». Proprio perché è un ambiente aristocratico, d’élite, nel quale difficilmente troverebbero posto gli uomini che oggi sembrano decisivi alla Casa Bianca. Sembrerebbe bizzarro ritrovarci Rogan, colui che ha criticato il presidente sui dazi al Canada, lo youtuber che ha determinato un enorme flusso elettorale insieme a Ben Shapiro e David Scott Portnoy che sono gli influencer di quella tribù che ha aiutato Trump a tornare alla Casa Bianca.

La Niaf resta un punto di osservazione privilegiato perché è da qui che partono le azioni concrete più incisive per l’economia che dagli Stati Uniti coinvolgono il mondo intero. «Respirare la speranza, tra le coccarde tricolore e gli inni – prosegue Giusti -, riempie il cuore. La resilienza italiana resta un punto inossidabile. Gli italiani in America continuano a far sì che il paese sia vincente». E possa guardare al futuro con ottimismo nonostante le perturbazioni che fanno della politica un’arte riservata a pochi. Il viaggio di Giorgia Meloni in questo contesto verrà ricordato come una delle missioni più complicate ma potenzialmente positive. Il 17 aprile probabilmente le condizioni dei mercati avranno ripagato delle enormi perdite dei giorni scorsi. E già l’aria positiva che si respira al Niaf potrebbe trovare una concretizzazione all’interno dei portafogli delle aziende e dei risparmiatori americani.

La Presidente del Consiglio rimane un punto di riferimento per l’amministrazione repubblicana. Il rettore Giusti conclude le sue osservazioni dal Gala newyorchese: «Grazie anche alla condivisione degli obiettivi con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni si fa portavoce di quei valori europei che vanno ben rappresentati nello Studio Ovale che non ha lesinato critiche non agli europei ma al sistema-Europa inteso come burocrazie. Giorgia Meloni ha il compito e la responsabilità di riportare all’attenzione del presidente Trump il ruolo strategico del primo partner degli Usa, ovvero l’Unione Europea». La comunità italiana riunita al Niaf ne conserva tutte le speranze.

Anche il Presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, si trova a New York. È lui stesso a darne conto: «Sono giornate intense tra incontri, visite e nuove opportunità di scambio per le decine di aziende, Pmi e startup che partecipano alla nostra missione. Dal Civic Hall, spazio di incontro dedicato all’innovazione civica e tecnologica, fino all’incontro con Hope Knight, Presidente dell’Empire State Development, il cuore dello sviluppo economico di New York, fino al convegno organizzato per le nostre aziende al Consolato italiano, continuiamo a lavorare per valorizzare la straordinaria capacità di ideare e innovare delle realtà economiche del nostro territorio. E possiamo guardare al futuro con fiducia: perché non esistono dazi o tariffe sulle idee e sulla creatività, in cui le aziende italiane e in particolare quelle del Lazio eccellono».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.