Uzi Shaya, ex agente dello Shin Bet e del Mossad, ci incontra nella blindatissima sede dell’ambasciata israeliana a Roma. “Dobbiamo fare come Giovanni Falcone: l’antimafia applicata al terrorismo”, ci dice. Cosa vuol dire? “Follow the money”. Combattere il terrorismo è cosa maledettamente concreta.

Chi finanzia Hamas?

Non bastano le campagne culturali, l’educazione alla nonviolenza, la fede in una società migliore. Servono forbici. E servono adesso. Devono tagliare nettamente i canali di approvvigionamento con cui i terroristi islamici si finanziano. Chi li finanzia? La galassia del male, l’Iran in testa. E il Qatar. “Anzi per me il Qatar è più pericoloso del regime di Teheran”, ci dice Uzi Shaya.

Le criptovalute che creano tunnel

Si parla di 1 miliardo di dollari all’anno che piove sulla striscia di Gaza. Denaro che circola con le criptovalute, che viene introdotto anche in contante da circuiti di finanza islamica, società commerciali dalla contabilità doppia, perfino Ong. Oltre 20 milioni di dollari sono quelli che arrivano tramite queste ultime dall’Europa. A chi vanno? Alle armi, alla costruzione dei tunnel, alle finanze personali di Sinwar e del suo stato maggiore. Far parte dell’élite militare del terrorismo di Hamas, come per Hezbollah, è più che una missione salvifica: è un modo per diventare ricchi a spese dei propri ignari concittadini. Già, perché a rimetterci sono proprio loro: i civili di Gaza, inermi. Indifesi. Davanti alle torture e ai soprusi dei miliziani di Hamas che non solo li tengono sotto il ricatto delle armi, ma li taglieggiano.

Sinwar e il pizzo ai civili di Gaza

“Una fonte rilevantissima di denaro è quella che Hamas impone di versare ai cittadini della Striscia di Gaza”, dettaglia l’ex ufficiale dell’intelligence israeliano. Proprio come Cosa Nostra in Sicilia. Hamas minaccia i commercianti e gli imprenditori per farsi consegnare il pizzo’, una decima che riscuotono ogni mese ed impiegano per le armi. Dall’Italia sono oltre ottanta i conti correnti monitorati dalle autorità israeliane e non poche le attività sospette a carico di Ong e cooperative di sedicente solidarietà. La richiesta dell’intelligence israeliano, che a Roma starebbe intensificando gli incontri con gli omologhi italiani, è quella di tenere meglio controllate le donazioni finanziarie: “Abbiamo notato che dopo il 7 ottobre le micro donazioni dei singoli italiani ad Hamas sono perfino aumentate”, ha dichiarato Shaya.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.