Chi ha mosso l’attività illecita del finanziare Pasquale Striano in servizio presso la Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo? Poiché non è possibile immaginare che il sessantenne tenente delle Fiamme Gialle abbia agito “illegalmente” – stando alle contestazioni della procura – per puro sfizio personale, la vera domanda che dovrebbe interessare tutti, destra, sinistra, colleghi giornalisti e organismi sindacali è questa: per conto di chi Pasquale Striano ha eseguito 800 accessi abusivi alle banche dati investigative da maggio 2018 all’autunno 2022? Quale era il suo obiettivo? Di chi è stato l’esecutore?

Prima di avventurarsi, come purtroppo invece sta già avvenendo, in usi distorti dell’inchiesta, bisogna partire da qui. Nella consapevolezza che è gravissimo, al limite dell’eversione, che apparati dello Stato mettano il naso su preziose ed insostituibili (ai fini investigativi) banche dati per frugare nel privato di altri pezzi dello Stato. “Accessi abusivi a sistema informatico” è l’ipotesi di reato contestata all’investigatore della Gdf, al sostituto procuratore Antonio Laudati, ex procuratore a Bari (ha anche falso e abuso di ufficio) e ad un’altra dozzina di persone tra cui cinque giornalisti “amici” di Striano e che “beneficiavano” delle informazioni ottenute tramite gli accessi illegali per scrivere articoli con notizie vere su determinati soggetti politici e pubblici.

Utile sapere anche – ne danno conto le pagine dell’invito a comparire firmato dal procuratore di Perugia Raffaele Cantone – che le 800 ricerche non autorizzate dal 2018 al 2022 hanno riguardato circa 300 soggetti. Che per comodità così suddividiamo: 27 politici di area Lega, dal ministro Valditara al sottosegretario Freni, da Luca Morisi (l’ex capo della comunicazione di Salvini e creatore della Bestia social, finito nel tritacarne di un’inchiesta per droga e festini) a Tommaso e Francesca Verdini. Quattordici sono i politici di Fratelli d’Italia, da Crosetto a Fazzolari, da Tommaso Longobardi (social media manager di Giorgia Meloni) a Tommaso Foti, da Urso a Lollobrigida.

Dieci sono i politici di area Forza Italia, i ministri Pichetto Fratin e Casellati e anche Marta Fascina. Quattro “bersagli” sono di area Toti (tra cui il governatore della Liguria e Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia). Quattro i renziani attenzionati: lo stesso Matteo Renzi e poi Marco Carrai, Alberto Bianchi (nei fatti l’inchiesta Open) e l’ex deputato Gianfranco Librandi. Ci sono quattro centristi (tra cui Cesa e Vietti), cinque del Pd (D’Amato, Patanè, Armellini e Santarelli). Attenzionato anche il mondo 5 Stelle, tra cui la compagna e il suocero di Giuseppe Conte, il professor Guido Alpa. Una ventina tra imprenditori e manager tra cui Lucio e Nicolò Presta e Fedez, Carlo Bonomi e Francesco Caltagirone. Quattordici nomi sono collegati a vario titolo alla cronaca giudiziaria, da Giovanna Boda (ex dirigente del Miur) a Domenico Arcuri, ex commissario straordinario dell’emergenza Covid fino al fondatore di Foza Nuova Roberto Fiore. Ci sono tre alti funzionari dello Stato italiano, tre politici stranieri (area Lepen) e Anthony Scaramucci, addetto alla comunicazione della Casa Bianca ai tempi di Trump. Un paio di medici tra cui Giorgio Palù, che ha appena lasciato l’Aifa, e sette nomi legati alle trame in Vaticano tra cui Cecilia Marogna e monsignor Giovanni d’Ercole.

Una lista eterogenea di personaggi di destra, sinistra, centro, Vaticano e società civile che hanno in comune il fatto di essere spesso, e per diversi motivi, protagonisti delle cronache. Personalità “pubbliche” ma non certo e non per questo legate a cronache giudiziarie.

Adesso è necessario capire cosa sono le banche dati da cui il finanziere Striano ha preso informazioni senza che avere una richiesta specifica di un magistrato titolare di un’indagine. Si tratta della SDI, per le attività di polizia, fatti penalmente rilevanti ma anche semplici denunce o banali controlli, un “luogo” dove praticamente ogni cittadino ha una propria scheda più o meno corposa. La seconda banca dati è il sistema di archiviazione delle intercettazioni telefoniche, 140 server, praticamente una per procura e quasi tutti gestiti da privati. La terza banca dati, una vera prateria di informazioni anche per i giornalisti, è quella che custodisce i dettagli finanziari dei cittadini che compiono operazioni sospette, le famose Sos (segnalazione operazione sospetta) che spesso scattano per importi elevati. Si chiamano Serpico, Jesus, Siva. La quarta banca dati è il Rege, forse la più conosciuta, che raccoglie tutte le inchieste di tutte le procure d’Italia.

Quindi non è corretto dire che Striano ha fatto dossieraggio. Il finanziere, descritto come un gran lavoratore, scrupoloso, un vero segugio delle banche dati che sapeva abilmente interrogare e matchare nei risultati, ha usato le banche dati esistenti e a cui lui poteva accedere per motivi professionali, per fini privati. Quindi illeciti. Quali sono questi fini e per conto di chi è il vero obiettivo dell’inchiesta di Perugia. Striano era in servizio alla DNA dal 2018 e, viste le sue capacità, il procuratore nazionale dell’epoca gli affida il gruppo dedicato alla elaborazione delle Sos da cui possono scaturire elementi per ulteriori attività di indagine. Soprattutto nell’antimafia, seguire il danaro è una pista sicura. Quando c’è il cambio della guardia in via Giulia (maggio 2022), il nuovo procuratore Giovanni Melillo intuisce che c’è qualcosa che non va in quell’ufficio. Striano viene allontanato (ma resta in servizio in diverso ufficio) nell’estate 2023, prima di essere indagato da Perugia. L’indagine parte dalla denuncia del ministro Crosetto che nell’ottobre 2022, a governo appena insediato, legge su Il Domani i propri rapporti di lavoro con tanto di compensi e guadagni. Notizie riservate e accorpate sul quotidiano per instillare il dubbio del conflitto di interessi. Crosetto capisce, sa, qualcuno gli dice, che quelle informazioni possono arrivare solo da banche dati specializzate. E così sarà.

Ora, prima di “parlare di nuova P2” (Gasparri), di “passare al setaccio tutta la Guardia di finanza perché questo è un attacco alla democrazia” (Salvini) e chiedere le dimissioni del senatore Cafiero De Raho (M5s) dalla presidenza della Commissione Antimafia visto che proprio lui incaricò Striano di occuparsi di Sos (lo stanno chiedendo tutti i partiti di maggioranza), occorre sapere per conto di chi e perché il finanziere passava materiale riservato ai giornali. Bene fanno, quindi, i due procuratori Melillo e Cantone, ad aver chiesto di essere sentiti in Antimafia, al Copasir e al Csm. In maniera riservata, si spera. Ma sufficiente per chiarire al Parlamento cosa sta succedendo.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.