Le risorse per la giustizia
Gli sprechi della giustizia: a Napoli decine di milioni di euro buttati in inchieste flop

Quanto costa la giustizia? La domanda è frequente e rispondere non è facile perché la giustizia è un servizio da valutare non solo in chiave strettamente economica, ma anche attraverso una valutazione che tenga conto dei diritti da tutelare e della loro soddisfazione. Ma, si sa, su quest’ultimo fronte la situazione non è sempre rosea, i tempi lunghi delle indagini, quelli biblici dei processi finiscono per diventare un onere, e se quando arriva la giustizia è pure in ritardo finisce per diventare un costo inutile, del quale si fatica a vedere l’utilità. Quanto costa allo Stato e quindi ai cittadini la giustizia? Quanto si spende per indagare su fatti che sono o si sospettano possano essere reato? Il bilancio sociale della Procura, voluto dal procuratore Giovanni Melillo in un’ottica di trasparenza, risponde a questa domanda tirando le somme di un anno di indagini. Le inchieste costituiscono una parte delle voci di costo della giustizia ma una parte importante se si considera che proprio quello delle indagini è il momento clou da cui prende il via un inter giudiziario.
Indagare è un lavoro che richiede tempo e soldi. Il Riformista si è già occupato di quanto costa intercettare telefonate, incontri e chat (ormai non c’è indagine senza l’uso del trojan). In un anno, nel 2019, si sono spesi più di 12 milioni di euro in intercettazioni. A questa voce bisogna aggiungere poco più di 60mila euro per viaggi, oltre 300mila euro per svolgimento incarico e circa 40mila euro per spese varie. Poi ci sono le indennità: quasi 16mila euro per trasferte; 366mila euro per la custodia di beni sottoposti a sequestro; due milioni e 786mila euro per i vice procuratori onorari. E ancora, i compensi per gli ausiliari del magistrato (due milioni e 275mila euro in un anno), per i consulenti tecnici di parte (2.269 euro), per interpreti e traduttori (poco più di 75mila euro). E infine oneri previdenziali (121mila euro), Iva (oltre tre milioni di euro) e altro. Si arriva a un totale di circa 21 milioni e 500mila euro: meno del passato, ma comunque una cifra blu. Sono inclusi i costi per le spese correnti di funzionamento e di gestione della struttura, per la cancelleria, i registri, le stampanti, libri e periodici, fotoriproduzione di atti, moduli e documenti, quelli per gli spostamenti (carburante, pedaggi, manutenzione ordinaria e straordinaria delle auto) e il costo per il materiale informatico che in media è di 1.398 euro per ogni magistrato.
Ma quanti fascicoli vengono aperti in un anno? Quante nuove indagini vengono avviate e quante di quelle pendenti vengono concluse? Dal bilancio della Procura di Napoli si scopre che nel 2019 ci sono state 36mila nuove indagini con indagati noti che si sono sommate alle oltre 34mila pendenti, e 45mila sono state le inchieste concluse nell’anno. Quanto al cosiddetto Modello 44, indagini contro ignoti, si sono registrati 63mila casi in aggiunta ai 37mila pendenti e sono stati 71mila quelli conclusi. Prevalgono, nel bilancio, i casi in cui il pubblico ministero ha presentato al giudice una richiesta di archiviazione. Nel 2019, 22.123 indagini con indagati noti sono confluite in azione penale e 17.799 procedimenti chiusi con archiviazione, mentre 5.421 con altre definizioni. Più numerose sono state inoltre le archiviazioni per le indagini contro ignoti: 55.773 inchieste archiviate e 8.051 definite.
A fronte di maggiori spese per le intercettazioni, nelle indagini dei pm napoletani c’è stato, nell’ultimo anno, un sensibile calo di collaboratori di giustizia. Nella relazione sul bilancio annuale si fa riferimento a “scelte di razionalizzazione e affinamento nell’impiego dell’istituto in parola adottate dall’ufficio”, sta di fatto che gli aspiranti collaboratori sono sempre numerosi ma forse sono sempre meno attendibili se, stando ai numeri, nel 2019 si sono registrate 56 richieste di intento collaborativo ma sono state solo nove le proposte per attivare il programma di protezione.
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