I dati
Gli stranieri ci rubano il lavoro? Una fake news
Quasi 2,5 milioni di lavoratori stranieri contro una cifra pari, circa 2,4 milioni di disoccupati italiani: in un momento in cui il lavoro è un bene scarso, una lettura affrettata dei numeri alimenta l’idea che l’arrivo dei nuovi lavoratori tolga opportunità agli italiani. Ma si tratta di una “fake news”, sottolinea lo studio Gli stranieri non ci rubano il lavoro, della Fondazione Leone Moressa. Gli stranieri hanno un tasso di occupazione di tre punti superiore rispetto agli italiani, con lavoro e iniziative imprenditoriali contribuiscono al 9% del Pil, e secondo i dati Istat del 2018, i lavoratori immigrati sono il 10,6% degli occupati totali, spiega la Fondazione, che studia da anni il fenomeno. Per come è strutturato il mercato del lavoro, però è falso dire che gli occupati stranieri potrebbero essere sostituiti da disoccupati italiani, perché fanno lavori diversi e “complementari”.
La maggior parte dei lavoratori stranieri ha un’occupazione non qualificata (33,3%), in primo luogo nella cura degli anziani e come braccianti agricoli, il 29,7% trova lavoro come operaio o artigiano, il 29,4% nel commercio o nei servizi, solo il 7,6% ha un impiego qualificato. Speculare, invece, la percentuale per gli italiani: l’8,3% fa lavori non qualificati, contro il 38,9% che ha una professione tecnica qualificata. E sono queste che scarseggiano, tanto da alimentare le partenze dei giovani italiani verso l’estero (250 mila under 35 negli ultimi 10 anni, come ha rilevato la stessa Fondazione di recente nel suo rapporto annuale). Inoltre, negli anni della crisi, sono stati proprio gli stranieri, molto impiegati nell’edilizia, a risentirne di più: il tasso di occupazione è sceso dal 66,9% del 2004 al 58,3% del 2013 per poi tornare al 61,2% del 2018. Dunque, emerge dallo studio, gli immigrati si concentrano nei “lavori manuali”, mentre gli italiani svolgono prevalentemente “lavori impiegatizi”. Ma la sfida è scardinare questa logica e migliorare la competitività per tutti e non andare al ribasso: «Non si può continuare a immaginare un mondo di lavoro complementare, con logiche di esclusione e segregazione – commenta Liliana Ocmin, responsabile politiche migratorie della Cisl, alla presentazione lo studio, – L’Italia deve avere la capacità di generare lavoro buono per tutti, per gli italiani e gli stranieri».
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