Il caso
Gli uomini che uccidono non sono mostri…

Ed ecco di nuovo un mostro, l’omicida di Lecce: si parla di invidia, sofferenza per la felicità altrui, nel corso delle indagini emergeranno altre ipotesi. Ogni volta che un uomo versa il sangue di un suo simile si rincorrono le ragioni dell’omicidio. Quando non se ne trovano di valide si ricorre alla aberrazione, la mostruosità. La verità è che l’uomo uccide fin dal suo esordio nel mondo, e uccide tutte le volte che nel proprio cuore o nella propria mente costruisca una motivazione di morte. Potenzialmente ogni individuo potrebbe ammazzare se trovasse giustificazione, interna o esterna, al proprio gesto.
Anche il più mite degli esseri umani, in certe condizioni, impugnerebbe il coltello. L’errore, o l’inganno, è quello di cercare il motivo per cui si arrivi a uccidere, quando la storia ci insegna che dottrine filosofiche e religioni, a ogni latitudine si sono impegnate a costruire ragioni per non ammazzare: «Avete inteso che fu detto agli antichi: non uccidere, chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. La vita umana è sacra perché comporta l’azione creatrice di Dio».
È il quinto comandamento, che costruisce una ragione per non uccidere. Ed esempi tali esistono in tutte le religioni, culture, nei luoghi più disparati, fondate sull’evidente constatazione che l’uomo trova infinite spinte per uccidere e diventa fondamentale avversarle. Diventa importante ostacolare una propensione distruttiva umana, che ogni volta ci sorprende o, forse, la sorpresa diventa una sorta di esorcizzazione: più efferate sono le modalità del fatto, più aberranti sono le motivazioni, e più classificheremo la condotta come mostruosa. Togliendo la qualifica di uomini agli autori per attribuirgliene una animale: la fiera. Ma la fiera che più ci fa paura, nel mondo animale, uccide per spinte di ordine primario: sopravvivenza.
Solo l’uomo assapora piacere quando uccide senza che ci sia la necessità della conservazione. A Colleferro non c’erano mostri, non ci sono mostri nei delitti individuali e collettivi che tutti i giorni, dappertutto, l’umanità perpetra. A Lecce c’è un uomo, anche se è arduo da ammettere, che di sicuro è stato amato da qualcuno, che qualcuno nonostante tutto continuerà ad amare. Un uomo che probabilmente ha avuto e avrà sentimenti amorevoli per altri. È che forse dimentichiamo le lezioni del passato, ci viene più facile classificare come mostruosità certi fatti. I filosofi si trovano a stento, le religioni hanno poca presa. È più facile costruire l’altro e metterci dentro gli esplosivi che stanno nella natura comune degli uomini, che in certe condizioni deflagrano quando non si costruiscano granitiche motivazioni per non distruggere. Quando non ci si muove attraverso la ragione a contrastare ciò che ragione non dovrebbe avere.
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