L'editoriale
Globalizzazione, è tempo di un nuovo illuminismo o prevarranno coloro “che hanno in orrore la luce”

Ciò cui stiamo assistendo è la fine della globalizzazione? È su questo tema che bisogna concentrare l’attenzione, il resto è contorno. Il mondo globale nasceva da quella data periodizzante che è il 1989, la fine politica e culturale del 1917, di quella Rivoluzione d’ottobre che aveva diviso in due la struttura del mondo, Occidente e Oriente. Tutti i suoi ingredienti sono andati in archivio. E gli effetti ricadevano pure su un Occidente vincitore che, perdendo il nemico, era obbligato a ripensare il mondo e sé stesso.
L’America fu la vera fondatrice della globalizzazione, ovvero di un mondo carico di visioni e di effetti alternativi: da un lato, capace di una formidabile liberalizzazione del commercio e di una straordinaria facilitazione nella circolazione di idee e di persone, dall’altro il capitalismo, diventando a sua volta globalizzato, si distaccava dalla realtà degli Stati-nazione e da quel compromesso con la democrazia che aveva consentito, in Occidente, la creazione degli Stati sociali e quindi di democrazie, dove più, dove meno, avanzate. Due effetti contrastanti tra loro e tuttavia coesistenti.
Questo mondo è finito e, con esso, molto della fisionomia complessa che lo reggeva. La globalizzazione era tante cose insieme, ma a un certo punto ha prevalso la contraddittorietà del suo sforzo di unificazione. La struttura della storia si è fortemente indebolita, dagli anni Novanta l’instabilità nasce da questo. Ognuno, soprattutto delle forze che contano, è tornato a rappresentare sé stesso, un violento ritorno delle identità, con scontri che hanno avuto la loro ragion d’essere nelle vicende più diverse: nel neo-nazionalismo autoritario, nel neo-imperialismo, nel fondamentalismo religioso, nell’irrompere di processi di immigrazione di popoli disperati alla ricerca di una ragione per vivere.
Non sto esaltando il mondo di prima che aveva accumulato tanti elementi per morire, sto cercando di individuare le ragioni di una nuova instabilità, di un incredibile disordine mondiale che sta dilagando, della crisi delle categorie che hanno retto la storia, immaginando che essa avesse un destino. E mi sono riferito anche alla crisi di coscienza di quell’Occidente dove la globalizzazione del capitalismo ha contribuito alla rottura di consolidati equilibri politici che hanno retto la sua storia e la sua relativa unità per decenni e decenni. Viviamo in un mondo dove può accadere qualsiasi cosa, come stiamo vedendo anche in questi giorni drammatici.
Guardiamoci intorno. L’Occidente si va dissolvendo come luogo che viveva una abbastanza felice sintesi tra democrazia e liberalismo, una sintesi che si assottiglia ogni giorno di più, sia nella vecchia Europa sia, soprattutto, nella “nuova” America, dove, più che altrove, la crescita dei populismi sta separando l’idea della sovranità del popolo da quello di libertà, personale e collettiva, principii per molto tempo intrecciati. Trump è un esempio che ha del clamoroso, e il suo primo nemico, non a caso, è l’Europa. Fuori dall’Occidente, si trova di tutto.
Una Cina super-potente che per ora sembra guardare dall’alto ciò che avviene, ma aumenta la sua minaccia su Taiwan e consolida, al proprio interno, il dispotismo politico; una Russia preda del suo tradizionale e crudele “potere orientale” e di un neo-imperialismo aggressivo, erede di una sconfitta storica; una forte crescita metropolitana del Sud Est asiatico, politicamente amorfa; un Medio-Oriente, un Mediterraneo, e quell’Africa che si affaccia su di esso, dove prende forme una guerra di tutti contro tutti, per ragioni che si intrecciano: dalla presenza non riconosciuta di Israele, cosa che spesso si dimentica, a una disperata e impotente volontà di emigrazione, con un Mediterraneo mare di morte, a un fondamentalismo di marca iraniana che riesce ancora a giocare un suo ruolo di supremazia in un ambiente intossicato.
Si chiederà il lettore: ma non ne hai abbastanza? Non ti hanno insegnato nulla Giordano Bruno e Caravaggio, nei loro rispettivi campi, sull’intreccio tra luce e ombra che governa la realtà e la vita? Il lettore ha ragione: li avevo dimenticati, ma continuo a pensare che l’ombra oggi domini, e che possono vincere le potenze “che hanno in orrore la luce”, espressione che rubo a Hegel. Proprio per questo, deve rinascere una speranza, come è sempre avvenuto nella storia degli uomini.
Oggi, quando tutto il mondo sembra avvolto in una nube tossica, si riapriranno dei punti di luce, e mi sia permesso di puntare, con una fiducia che può sapere di ingenuità, sull’Europa – e sugli Stati europei che contano, in una nuova alleanza con l’Inghilterra -, che oggi appare fuori dei giochi, e che proprio per questo può avvertire la necessità di riaprire gli archivi dove, nella polvere che si è accumulata nel più ricco e spesso tragico travaglio, sono maturate le idee più grandi che hanno contribuito a fare la storia del mondo.
© Riproduzione riservata