“Se qualcuno avesse condiviso quelle informazioni per tempo ci saremmo risparmiati delle uscite inadeguate alla situazione e ci saremmo forse protetti e fatto proteggere i cittadini per tempo”. A dichiararlo in un’intervista a Skytg24 è Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, città in una delle province più colpite dal coronavirus in Italia. Dove, dice, adesso l’emergenza sanitaria è passata. “La chiesa – ha dichiarato – che era ingombra dalle bare oggi è libera, così come il pronto soccorso, che è ritornato a funzionare normalmente. Questo vuol dire che davvero l’emergenza sanitaria almeno qui è superata”.

Non è scomparso il virus, naturalmente, e non si sono azzerate le morti. Anzi, secondo il primo cittadino i contagi sono molti di più, addirittura quattro o cinquecentomila positivi. “I numeri che ci vengono forniti sono i numeri dei tamponi che vengono fatti, che sono un sottoinsieme del vero numero dei contagiati che certamente è molto superiore. Diversamente dovremmo credere a chi dice che ci sono 11.000 contagiati nella provincia di Bergamo, ma noi sappiamo che ci sono qualche centinaia di migliaia di persone che sono state contagiate”.

La Lombardia, con i suoi 69.092 casi e 12.740 decessi (al 22 aprile) resta la regione più colpita in Italia dal Covid-19. A proposito delle notizie in questi giorni, di una sorta di “piano segreto” del governo pronto già a fine gennaio contro l’epidemia, Gori ha lamentato: “Nell’ultima settimana di febbraio non solo Bergamo, ma anche Milano, Verona, Treviso, Bologna, Torino e tutte le città del nord Italia hanno detto ‘noi non ci fermiamo’. Ma eravamo in possesso di informazioni che ci dicevano che c’era un focolaio nel lodigiano, ma che per il resto la vita poteva continuare normalmente. Avevamo ristoranti aperti, bar aperti fino alle 18″. E poi: “Era normale che amministratori, politici e giornalisti in quei giorni sostenessero un’idea di equilibrio tra protezione e vita che doveva continuare normalmente. Abbiamo scoperto in questi giorni che invece erano già circolate delle informazioni a livello governativo sulla possibile emergenza, che nelle nostre province c’erano già allora molti casi di polmoniti che nessuno aveva denominato Covid-19 ma che quello erano, palesemente”.

Sulla cosiddetta Fase 2, della riapertura graduale, il sindaco ha sottolineato come, aldilà del pettegolezzo giornalistico, non ci sia ancora nulla di scritto per quanto riguarda, per esempio, i trasporti né per la ristorazione. “Chiedo – ha proseguito Gori – che se, come spero, dal quattro maggio si vorrà riaprire una parte delle attività in sicurezza, sia possibile avere informazioni sicure dal governo e dalla Regione in seconda battuta, con l’anticipo che è necessario a territori, operatori e aziende per potersi organizzare, per poter lavorare in sicurezza e garantire piena protezione dei propri lavoratori e dei cittadini”.

Antonio Lamorte

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