Non si può fare. Per il governo di Giorgia Meloni l’Ucraina non può usare le armi italiane per colpire i territori russi da dove partono gli attacchi. Troppi i rischi di un’escalation e di un punto di non ritorno nel conflitto con la Russia. Troppo pochi, invece, i giorni che mancano alle elezioni europee, l’orizzonte a cui guardano oggi tutte le forze dell’esecutivo meloniano. Spazi di manovra al momento non ce ne sono, per non rischiare di rimanere scottati dalle urne, giudicati severamente da un’opinione pubblica – quella italiana – che mal digerisce interventismi militareschi di lontano interesse. Per giustificare la propria scelta, il governo ha deciso di giocarsi la carta della Costituzione, appiglio sempre utile a cui aggrapparsi a destra come a sinistra a seconda dei casi.

Il governo con la Costituzione frena Kiev sull’uso delle armi in Russia

Nelle ultime ore la posizione di Roma è stata annunciata da membri illustri dell’esecutivo, in primis il ministro degli Esteri Antonio Tajani e quello della Difesa Guido Crosetto. Da Praga, dove è volato per la ministeriale informale degli Esteri, Tajani ha infatti ribadito il no dell’Italia all’uso delle armi inviate a Kiev per attaccare la Russia. Un concetto ribadito anche questa mattina: “Per noi è impossibile usare le nostre armi fuori dall’Ucraina. Siamo pronti a inviare altre armi ma è importante usare queste armi dentro l’Ucraina per la difesa, come ad esempio la difesa aerea. Abbiamo inviato i Samp-T ed è possibile inviare altri SampT in difesa, ma è importante utilizzare queste armi dentro l’Ucraina per la difesa”.

Poi il vicepremier ha voluto rimarcare anche il motivo per cui il governo non dà il via libera a Kiev: “Noi abbiamo una Costituzione che all’articolo 11 parla molto chiaramente: l’Italia ripudia la guerra, noi non possiamo fornire armi per attaccare la Russia in territorio russo. Un conto è usare le armi nel territorio occupato, nel Donbass, ma nel territorio russo non si possono utilizzare perché noi non siamo in guerra con la Russia”. “Una cosa è difendere l’Ucraina da un’invasione illegittima, perché la Russia ha violato il diritto internazionale, un’altra è dire ‘siamo in guerra con la Russia, lanciamo missili e usiamo armi per colpire il territorio russo‘”, ha concluso il leader di Forza Italia.

A Tajani ha fatto eco Crosetto. In un’intervista sul quotidiano Domani, il ministro della Difesa ha specificato la linea governativa: “Aiutiamo Kiev, ma le nostre armi non possono servire per attaccare”. “Noi forniamo aiuti, anche militari, a una nazione aggredita, per difendersi e riconquistare la sua sovranità violata. La Costituzione, le leggi e la nostra postura internazionale non consentono, a mio avviso, di fare altro” ha detto il ministro della Difesa. Insomma, non possiamo, ce lo impedisce la Costituzione.

Nato e Occidente, l’Italia isolata sul no a Kiev

L’Italia ha quindi preso la sua decisione, optando per una mossa più conservativa e che sembra indirizzata più all’opinione pubblica interna che a quella esterna. In Europa e più in generale tra i paesi della Nato, infatti, molti – se non tutti – hanno scelto diversamente. A partire dall’amministrazione statunitense di Joe Biden: ieri, secondo le indiscrezioni dei media, la Casa Bianca ha infatti dato il benestare a Kiev di usare le armi americane oltre i propri confini, per neutralizzare le basi da cui partono gli attacchi verso i propri territori. Il sì degli Usa, seppur limitato alla regione di Belgorod per rallentare l’offensiva russa su Kharkiv, è la risposta più importante per l’Ucraina, vista la mole di armi che da oltreoceano arriva nei depositi di Kiev. Ma non sono solo gli Stati Uniti ad aver concesso il via libera: in Europa il più propenso è Emmanuel Macron, ma oltre la Francia, anche la Germania, l’Olanda, il Regno Unito, la Finlandia, la Polonia e altri ancora sono – chi più timidamente chi invece esplicitamente – d’accordo. Al tavolo della ministeriale Nato le discussioni sono accese, in previsione anche del summit di luglio dell’Alleanza Atlantica.

Ma gli appelli affinché sia consentito all’Ucraina di difendersi senza troppi limiti geografici si susseguono. L’ultimo è stato il ministro degli Esteri dei Paesi Bassi, Hanke Bruins Slot, che sempre da Praga ha rilanciato: “Dobbiamo fare tutto il possibile perché Kiev vinca questa guerra, noi stiamo facendo il possibile per far sì che gli F-16 arrivino presto in Ucraina. Mi appello a tutti, è possibile usare le armi che diamo all’Ucraina sul suolo russo, è in linea con l’articolo 51 della Carta Onu, dobbiamo essere creativi”.

E a spronare la Nato, ma anche ad avvertire Kiev, ci ha pensato Jens Stoltenberg. In Repubblica Ceca, il segretario generale ha infatti avvisato: gli alleati si aspettano che l’uso delle armi fornite all’Ucraina contro la Russia, ovvero colpendo obiettivi militari al di là del confine, avvenga “in linea con il diritto internazionale e in modo responsabile”. Ma Stoltenberg ha rifiutato la retorica dell’escalation: “Ogni volta che abbiamo dato mezzi all’Ucraina Vladimir Putin ci ha minacciato, è stato così per i pezzi di artiglieria, i tank, i missili, gli F-16″. “È la Russia che ha dato il via all’escalation, prima invadendo un altro Paese e ora aprendo il nuovo fronte a Kharkiv” ha concluso il norvegese.

L’Italia con la sua mossa si è isolata. Una scelta prudente in ottica elettorale da parte di Meloni, che deve anche tenere conto delle divisioni all’interno della propria maggioranza, con la Lega di Matteo Salvini sempre più posizionata sul fronte pacifista. Ma che rischia di far rimanere indietro Roma agli occhi degli alleati. Già in passato, infatti, nonostante le minacce di Vladimir Putin alcune iniziali linee rosse autoimposte dall’Occidente sono state superate con il tempo, come l’invio di armi ‘offensive‘. Nelle prossime settimane si capirà se avverrà di nuovo anche se, tirando in mezzo la Costituzione come motivo, il governo italiano potrebbe avere più difficoltà a tornare sui suoi passi. Ma Kiev, per ora, non potrà usare le armi italiane – già limitate, oltre che secretate in modo da non sconvolgere nessuno – in Russia.