Il 16 ottobre scorso è stata approvata la legge Varchi. A seguito dell’entrata in vigore della legge, l’articolo 12 comma 6 della legge 40 del 2004 che detta norma in materia di procreazione medicalmente assistita sarà così formulato. Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro. Se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla surrogazione di maternità, sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana.

Che cosa significa? Che anche i cittadini italiani potranno essere perseguiti se hanno avuto un figlio tramite la gravidanza per altri (GPA) in uno dei tanti paesi in cui è legale. Che cosa significa davvero? Cioè che cosa potrebbe succedere una volta tornati in Italia? Non è facile immaginare come sarà applicata questa estensione del reato della “surrogazione di maternità” perché la possibilità di perseguire qualcuno per un reato richiede il cosiddetto principio di doppia incriminazione: cioè non possiamo condannare qualcuno che ha seguito le leggi del luogo in cui ha agito ma ci servirebbe che fosse un reato anche in quel luogo. Penso a reati come la tortura, l’omicidio o altre gravissime condotte che superano il limite territoriale delle giurisdizioni nazionali.

La legge Varchi, forzando il diritto penale, cerca di superare questo principio modificando le modalità per perseguire, o meglio inseguire, un italiano che va nei paesi dove è lecita e normata la GPA. Eppure la proposta di legge Varchi è diventata una legge e quindi ci troveremo a gestire situazioni molto complicate (e molto dolorose). Il primo ostacolo potrebbe essere proprio l’acquisizione delle prove a carico delle persone: la procura italiana deve chiedere a un altro paese di collaborare nella ricerca di prove per condannare delle persone che lì hanno agito legalmente. C’è insomma un problema procedurale. E poi ci sono altri problemi, come l’escludere che ci sia una qualche forma di gravidanza per altri che non sia da condannare, perché lesiva della dignità della donna (che sembra essere priva della capacità e della possibilità di scegliere). Una forma che garantisca i diritti di tutte le persone coinvolte – come fanno molte leggi, come quella inglese o quella canadese.

Ricordo anche che lo scorso 24 aprile il Parlamento europeo ha approvato la direttiva 2011/36/UE sulla tratta di esseri umani. La cosiddetta direttiva anti-tratta ha esteso i confini della tratta includendo anche lo sfruttamento della gravidanza per altri. Cioè non tutte le possibili gravidanze per altri ma solo quei casi in cui c’è abuso, induzione o sfruttamento, quindi violazione della libera scelta della donna. Questo è un punto fondamentale. Sia perché non possiamo che essere tutti d’accordo nel condannare e nel cercare di evitare situazioni di questo tipo, sia perché non si sta condannando in assoluto una possibile condotta ma solo in alcuni casi.

Nonostante le possibili difficoltà applicative e l’ingiustizia di questo reato, le persone sono comprensibilmente molto spaventate. Ci hanno scritto molte coppie preoccupate, coppie che per diverse ragioni non possono avere un figlio (per malattie o per condizione) e che avevano avviato un percorso di gravidanza per altri o che ci stavano pensando. Fino alla legge Varchi, l’ostacolo era il divieto in Italia e quindi la necessità di andare altrove, ovviamente creando una discriminazione rispetto a un legittimo desiderio. Non tutti erano in grado di affrontare le difficoltà emotive e le spese di un viaggio e di una permanenza in un altro paese. E poi ci sono anche le spese per la fecondazione assistita e le spese per la gravidanza per altri, presenti anche nella forma solidale perché ci sono visite, cambiamenti di vita, a volte astensione dal lavoro. Insomma, una serie di spese che dovranno essere rimborsate.
Ora si aggiunge la minaccia della reclusione e di una multa altissima.

Tutto questo in nome della difesa dei bambini e delle donne di altri paesi che secondo la maggioranza di governo sono donne costrette dalle leggi dei loro paesi a fare qualcosa che non vogliono, la loro dignità è offesa dalla legge dei paesi che prevedono la GPA. Ed è davvero difficile capire in che modo questo “reato universale” protegga i bambini e anche le donne. In Argentina, dove non c’è un divieto di GPA o una legge ma sono i tribunali che intervengono su ogni caso, una coppia italiana è stata fermata in base alle norme del luogo e non in virtù di legge Varchi, perché non è ancora in vigore e, in ogni caso, non avrebbe il potere di un fermo in un paese straniero. Ora le autorità locali accerteranno i fatti ma tutto ciò non sarebbe avvenuto se ci fosse stata una legge di garanzia.

L’alternativa

L’Associazione Luca Coscioni, insieme ad altre associazioni e a esperti, ha elaborato una proposta di legge per la gravidanza per altri solidale, le cui premesse sono il rispetto e libertà di scegliere delle donne, la tutela dei figli e dei genitori intenzionali. La nostra speranza è che questa legge ingiusta, la Varchi, sia abrogata e sostituita da una buona legge, che è lo strumento migliore per vigilare sugli abusi e per garantire i diritti a tutti. Nel frattempo, con il nostro gruppo legale, siamo pronti a difendere in Italia le persone colpite da questa legge ingiusta e insensata, siamo pronti ad andare nei tribunali e nelle sedi opportune nella speranza di ripristinare una possibilità che la medicina ci ha offerto e che una legge cieca e feroce vuole giudicare come sempre e necessariamente abominevole. Cerco di essere ottimista pensando a come in questi anni insieme a tante persone abbiamo eliminato moltissimi divieti, altrettanto ingiusti e discriminatori, della legge 40. Certo, il prezzo è alto ed è fatto dal tempo, dalla paura, dal senso di impotenza di tutte le persone colpite da un divieto sbagliato.

Filomena Gallo

Autore

*Avvocata, Associazione Luca Coscioni