L'accanimento contro l'avvocato
Gratteri contro Pittelli, perché il procuratore si è accanito con l’avvocato coinvolto in Rinascita Scott

I referti medici gli attribuiscono un “disturbo depressivo maggiore grave con manifestazioni psicotiche”, il “ritmo sonno-veglia fortemente alterato” e preoccupanti tremori dovuti all’uso di farmaci. I suoi avvocati ne reclamano la libertà, ma il Procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri e con lui il tribunale del riesame gli vogliono rimettere le manette ai polsi e rispedirlo dai domiciliari al carcere. La parola definitiva alla cassazione. Ingorgo di processi nei giorni scorsi per Giancarlo Pittelli, l’avvocato calabrese detenuto da ormai quasi tre anni perché imputato nel processo “Rinascita Scott”, in corso nell’aula bunker di Lamezia. Ieri la cassazione, giovedi scorso l’appello.
Partiamo in ordine cronologico. Gli avvocati Guido Contestabile e Giuseppe Staiano lo avevano preannunciato nell’aula bunker e hanno mantenuto l’impegno, presentando un’istanza di revoca della detenzione domiciliare. Giancarlo Pittelli è innocente, lo hanno documentato, inoltre è un uomo settantenne molto provato da questa situazione sia nel fisico che nella psiche. Lo ha ribadito giovedì anche l’avvocato Giandomenico Caiazza, il Presidente dell’Unione Camere penali di recente entrato a far parte del collegio difensivo. All’udienza era presente anche lo stesso Giancarlo Pittelli, che ha preso la parola, mentre era stranamente assente il rappresentante della Procura di Catanzaro, quasi si desse per scontato il rigetto dell’istanza da parte dei giudici. I quali, ancor prima di toccare con mano, visivamente, quanto questi tre anni di vera tortura abbiano trasformato il brillante avvocato e uomo politico che fu Giancarlo Pittelli, avevano già mostrato una certa sensibilità anticipando al 14 luglio un’udienza che era stata già fissata per il 28 di settembre. Cambiamento di data dovuto proprio alla documentata e visibile debolezza fisica e psichica dell’imputato. Che meriterebbe, fosse anche solo per questo, di poter riacquistare la propria autonomia in modo da poter partecipare da uomo libero al processo.
Non la pensa così il Procuratore Gratteri, sempre impegnato a cercare di dimostrare come l’imputato Pittelli rivesta nel processo Rinascita Scott un ruolo di primo piano, quello di cinghia di trasmissione tra la “marmaglia” mafiosa e i piani alti, quelli della società civile della politica, dell’impresa, della massoneria. È piuttosto palese che, se si togliesse questo tassello, tutto quanto il castello dell’accusa, e soprattutto l’ipotesi di tipo ideologico, rischierebbe di franare. Tra l’altro proprio in questo periodo in cui il Procuratore di Catanzaro non nasconde le proprie ambizioni. Caduta la speranza di raggiungere il vertice dell’Antimafia, restano ancora due bocconi succulenti, quello di procuratore generale di Napoli, ruolo lasciato libero proprio da colui che lo ha appena surclassato, oppure l’ingresso in settembre al Csm. Il momento è politicamente delicato. E se il tribunale del riesame accogliesse la richiesta di scarcerazione, cosa che sarebbe quasi doverosa e sicuramente non pericolosa per la comunità, qualcuno potrebbe considerarlo un affronto personale.
È abituato bene, il procuratore Gratteri. Basterebbe ricordare quanto accaduto nello scorso aprile nell’udienza presso il tribunale del riesame di Catanzaro, presieduto da Filippo Aragona, proprio l’alto magistrato che durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario aveva proposto di far inserire il reato di associazione mafiosa tra i crimini contro l’umanità. Quel giorno si discuteva per l’appunto l’iniziativa della procura, quella che è arrivata ieri in cassazione. Si trattava dell’appello del procuratore Gratteri contro la decisione dei giudici di Vibo Valentia di scarcerare l’avvocato Pittelli, prostrato dopo venti giorni di sciopero della fame nel carcere di Melfi. Era ridotto al lumicino il legale in quei giorni, così era stato rimandato a casa. Non da uomo libero, ma sempre ai domiciliari.
La procura era immediatamente intervenuta contro quella decisione, anche con toni che in genere non si usano tra colleghi, irridendo le motivazioni nell’ordinanza di scarcerazione. Gli stessi toni sbrigativi usati dal tribunale del riesame nell’accogliere il ricorso della procura, definendo l’ordinanza di scarcerazione come affetta da “vizi di logicità, ragionevolezza e coerenza argomentativa”. I giudici avevano infine anche stabilito che “nel momento in cui la presente decisione diverrà definitiva, nei confronti di Pittelli Giancarlo venga ripristinata la misura della custodia cautelare in carcere”. Dando per scontato che la cassazione avrebbe detto signorsì.
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