Ancora non si è chiusa la partita per la Procura di Roma (la discussione riprenderà oggi) che subito si apre quella per la Procura nazionale antimafia ed antiterrorismo. Per il posto attualmente occupato da Federico Cafiero De Raho, in pensione il prossimo mese di febbraio per raggiunti limiti di età, hanno presentato domanda in otto. Questi i nomi: il procuratore generale di Firenze Marcello Viola, i procuratori di Catanzaro Nicola Gratteri, di Napoli Giovanni Melillo, di Palermo Francesco Lo Voi, di Catania Carmelo Zuccaro, di Messina Maurizio De Lucia, di Lecce Leonardo Leone De Castris, l’aggiunto alla Dna Giovanni Russo. La nomina del nuovo capo della Dna si interseca con quella di Roma, dove sono in pista sia Lo Voi che Viola, quest’ultimo in corsa anche per la Procura di Milano.

Cafiero De Raho era stato nominato dal Plenum del Csm a novembre 2017, dopo essere stato sconfitto per il posto di procuratore di Napoli da Melillo, ex capo di gabinetto del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Quando a luglio di quell’anno Cafiero De Raho era stato battuto nella corsa per la Procura di Napoli, Luca Palamara gli aveva scritto: «Ho lottato insieme a te fino all’ultimo. Persa una battaglia non la guerra». «Carissimo Luca sono convinto che ancora dobbiamo lottare insieme. Grazie, comunque, per avermi assecondato nella scelta, che non condividevi, di andare avanti (…) Un forte abbraccio», la risposta di Cafiero De Raho. «Cerchiamo adesso di salvare il soldato de Raho. Il risultato in qualche modo lo consente, era stato invece il messaggio dell’allora ministro Marco Minniti a Palamara appresa la ferale notizia. E Palamara: «Sì il mio intervento in plenum è stato in questo senso». «Perfetto. Lavoriamoci», la risposta di Minniti.

Ad ottobre del 2017 la Commissione incarichi direttivi del Csm ebbe allora a proporre Cafiero de Raho procuratore nazionale antimafia e Palamara aggiornò in tempo reale Minniti: «Votato de raho 5 voti scarpinato (Roberto, procuratore generale di Palermo, ndr) 1». Eccellente. Grazie», rispose Minniti. Palamara, sentito in Commissione antimafia sul punto la scorsa estate aveva precisato che «per una pregressa conoscenza tra Minniti e Cafiero, risalente a quando Cafiero era procuratore a Reggio Calabria, ebbi modo di interfacciarmi con Minniti e ci fu quello scambio “Salvate il soldato Cafiero” per significare che la professionalità di Cafiero non dovesse essere persa e in qualche modo recuperata al passaggio successivo». Come poi è avvenuto. Cafiero era balzato agli onori delle cronache, non per la cattura di Matteo Messina Denaro, ma per aver allontanato Nino Di Matteo dal pool sulle stragi per aver violato il dovere di riservatezza, tradito da una intervista rilasciata ad Andrea Purgatori su La7.

Per rimanere a Palamara, invece, a Perugia si è aperto e subito rinviato il processo a carico dell’ex zar delle nomine, imputato di corruzione in relazione alle cene e ai viaggi offerti, secondo l’accusa, dall’imprenditore Fabrizio Centofanti per favorire i desiderata dell’ormai mitologico avvocato Piero Amara. All’udienza hanno chiesto di essere ammessi quali parti civili il Consiglio superiore della magistratura e l’Associazione nazionale magistrati dopo che già erano stati ammessi, in udienza preliminare, la Presidenza del Consiglio e il Ministero della giustizia. Il Csm dopo aver espulso Palamara e avere sempre negato, nel procedimento disciplinare a carico di Cosimo Ferri, magistrato e deputato di Italia viva, di essere persona offesa delle condotte poste in essere all’hotel Champagne, ha dunque deciso di chiedergli un risarcimento danni: prima “giudice” e ora “parte”.

Decisamente originale, invece, la costituzione dell’Anm che deve solo sperare che i componenti del Tribunale perugino non siano suoi soci poiché, in caso contrario, sarebbero in grande imbarazzo nel celebrare un processo al termine del quale potrebbero dover condannare l’imputato al risarcimento del danno anche in favore di loro stessi.