Il Csm che fa: finta di niente?
Gratteri prende a calci la Costituzione: ma l’avvocato Pittelli è Matteo Messina Denaro?
Ma è davvero così importante questo avvocato Pittelli, e le sue responsabilità sono così gravi, quasi fosse, per dire, un Matteo Messina Denaro, da indurre la procura di Catanzaro a violare, in un sol colpo, ben tre articoli della Costituzione? Stiamo parlando di tre principi che sono il punto focale delle libertà dei cittadini e dello Stato di diritto. Cioè gli articoli 21, 27 e 68 della Costituzione. Ci saranno, dopo che il deputato Roberto Giachetti lo ha denunciato in aula, un intervento del Presidente della Camera e della ministra perché intervenga il Csm? O l’organo di autogoverno dei magistrati prenderà in considerazione solo la richiesta delle toghe di sinistra di Area che hanno chiesto l’apertura di una pratica a tutela del procuratore Gratteri e degli uomini della Dda di Catanzaro?
Breve riassunto di quel che è accaduto. Nel maxiprocesso “Rinascita Scott” che si sta celebrando a Lamezia, tra le centinaia di imputati, ce ne è uno che è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa solo perché è un avvocato che esercita la professione in una regione, la Calabria, dove, se sei un penalista, ti capita ogni giorno di assistere persone imputate di reati di mafia. Dobbiamo dirlo chiaro: ad alcuni magistrati, in particolare ai pm “antimafia”, il fatto che questo tipo di imputati abbiano bravi avvocati che difendono i loro diritti, dà molto fastidio. Il loro ideale di processo è quello in cui non si fa neanche la fatica di indagare, basta la parola dei “pentiti” a costruire le accuse e in seguito i maxiblitz. Ma ogni arrestato deve essere solo e disperato per diventare un “pentito”. Se ha al suo fianco un difensore, magari si difende, a maggior ragione se è estraneo ai fatti di cui è accusato. Ai pm “antimafia” parrà strano, ma esistono persino gli innocenti, nei processi e nelle galere.
Quindi questo signor Giancarlo Pittelli è importante per la procura di Catanzaro e la direzione antimafia perché è un pericoloso complice dei boss di ‘ndrangheta, o solo perché fa il suo dovere di avvocato in una terra difficile come la Calabria dove poco si fa per debellare le ‘ndrine nonostante i blitz e le conferenze stampa? Noi propendiamo per la prima ipotesi, perché se invece fosse vera la seconda, saremmo in presenza di un accanimento giudiziario e di violazioni dei diritti (della difesa ma anche della professione) di proporzioni tali da giustificare quanto meno gli interventi immediati della ministra Cartabia e del procuratore generale Salvi con un’azione disciplinare nei confronti del dottor Nicola Gratteri e dei suoi collaboratori. Perché questo avvocato e signor Pittelli è stato usato, negli ultimi due anni e mezzo, come una pallina di ping pong, sballottato di carcere speciale in carcere speciale, con le accuse di gravi reati di mafia che entravano e uscivano dai provvedimenti dei giudici, e senza che mai lui potesse avere pace, neanche nella detenzione domiciliare. Un vero sorvegliato speciale, privato persino del diritto alla salute e al riposo.
Perché per esempio, se lui coabita solo con la moglie, e non può parlare con nessun altro, e se voi della procura e della polizia giudiziaria sapete anche delle sue condizioni psichiche che lo costringono a sonniferi e psicofarmaci, andate a controllarlo nelle prime ore del mattino, magari quando la moglie è andata a fare la spesa e lui dorme e non sente il campanello? E poi questa relazione, considerando anche il fatto che due ore dopo, al successivo controllo l’avvocato ha aperto la porta agli agenti, viene allegata ai documenti con cui “Gratteri più tre” chiedono di nuovo la galera per l’imputato? È un’aggravante , o un reato, non sentire il campanello? O addirittura il sospetto di pericolo di fuga previsto dall’articolo 274 del codice di procedura? La costante violazione dell’articolo 27 della Costituzione sulla presunzione di non colpevolezza, ma anche dell’articolo 111 sul giusto processo, nella vicenda giudiziaria dell’avvocato Pittelli è costante. Fin da quel 20 dicembre 2019 quando, dopo la retata dell’inchiesta “Rinascita Scott” del giorno prima, il legale fu presentato alla stampa come la cinghia di trasmissione tra la ‘ndrangheta, la società civile e la massoneria. Già colpevole, già condannato. Ma osiamo dire che la situazione, a partire da quel giorno, si è aggravata.
Quella conferenza stampa non è stata un colpo di testa, un’esagerazione del procuratore Gratteri. Lo dimostrano le settanta pagine che la Dda ha voluto allegare nei giorni scorsi all’udienza in cui i giudici dovranno decidere se accogliere la richiesta con cui la procura chiede di poter mettere per la terza volta le manette ai polsi dell’avvocato. Il raggio d’azione, con il deposito di quei documenti, si è decisamente allargato. E anche aggravato. Perché non si fa più solo riferimento ai diritti di un imputato o a quelli professionali di un avvocato. Con il gesto di allegare, quasi fossero corpi di reato, le due interrogazioni parlamentari –quella alla Camera dei deputati Giachetti, Bruno Bossio e Magi, e quella al Senato di Emma Bonino e Matteo Richetti– è entrato in discussione un attacco alla libertà di espressione dei parlamentari prevista dall’articolo 68 della Costituzione. E ancora non basta. L’Ordine e i sindacati dei giornalisti, che spesso si appellano all’articolo 21 della Costituzione, non hanno niente da dire sul fatto che gli articoli del Riformista vengano inseriti in atti giudiziari quasi fossero anch’essi, come le interrogazioni dei deputati e senatori, corpi di reato? “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”, dice l’articolo 21. Ma che cosa significa, sul piano giuridico e giudiziario, il fatto che vengano additate come fatti sospetti le iniziative di sindacato ispettivo da parte di parlamentari e le inchieste giornalistiche di un quotidiano, oltre addirittura a commenti della pagina facebook o interviste tv di Vittorio Sgarbi? Siamo sicuri che questi messaggi siano diretti solo all’imputato Pittelli Giancarlo e non a quel mondo politico e giornalistico che nel passato chinò la testa, ma oggi potrebbe rialzarla a ribellarsi, dopo trent’anni, al governo dei pubblici ministeri?
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