Cinema
“Grazie ragazzi”: la vita oltre il carcere
“Grazie ragazzi” è il nuovo film di Riccardo Milani, il regista della commedia “Come un gatto in tangenziale” che ha messo in scena, ridicolizzandolo, lo scontro culturale e sociale tra Capalbio e Coccia di morto con la bravissima coppia Albanese-Cortellesi.
Anche l’ultima fatica di Milani vede protagonista Antonio Albanese ed è un adattamento del film francese “Un Triomphe” di Emmanuel Courcol, tratto dalla storia vera di un attore svedese che mise in scena Beckett con un gruppo di detenuti.
E proprio “Aspettando Godot” è l’opera teatrale che Albanese sceglie di far studiare – a principio, con enorme fatica ma via via con successo – a 5 detenuti che scoprono nel teatro uno straordinario “spazio” di riabilitazione e ritorno alla vita, seppur (ancora) da reclusi.
L’opera di Beckett, interamente incardinata sulla condizione dell’attesa, è perfetta per essere rappresentata da loro: cos’altro fanno i carcerati, nel loro tempo recluso e ciclico, se non attendere? I pasti, l’ora d’aria, la notte, e poi ancora e ancora fino alla fine della loro pena.
“Grazie ragazzi” è un film che utilizza un linguaggio piuttosto semplice pur accettando la sfida di parlare a tutti di un tema socialmente difficile, respingente per la maggior parte delle persone che non riesce a guardarlo negli occhi: la realtà del carcere, l’abbrutimento di chi ha commesso un reato e – scontando la propria pena – vive in condizioni di degrado materiale e psicologico che, in contraddizione con il dettato costituzionale, lo priva (oltre che della libertà) anche della dignità personale.
Ecco perché – alla monotonia della parte centrale del film, in cui la compagnia di detenuti-attori in tournée, inanella un successo dopo l’altro – fa da contraltare il ritorno in carcere, sempre uguale, con le ispezioni dopo ogni spettacolo e gli abituali “maltrattamenti”, a fare da monito sulla loro condizione ristretta.
Nessun successo – per quanto inebriante e felice – riesce a essere più prezioso della condizione di uomini liberi. Lo dimostra il finale (no spoiler). Da vedere, in ogni caso.
“Non succede tutti i giorni che qualcuno abbia bisogno di noi. A dire il vero non è che abbia bisogno precisamente di noi. Chiunque altro andrebbe bene, per lui, se non meglio. L’invocazione che abbiamo sentita è rivolta piuttosto all’intera umanità. Ma qui, in questo momento, l’umanità siamo noi, ci piaccia o non ci piaccia. Approfittiamone, prima che sia troppo tardi. Rappresentiamo degnamente una volta tanto quella sporca razza in cui ci ha cacciati la sfortuna” [Dialogo tra Vladimiro ed Estragone, Aspettando Godot]
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