L'intervista
Green Deal, Chicco Testa: “Il piano di von der Leyen è irrealizzabile. Ha guadagnato i voti dei Verdi e dei Socialisti, ma così non allarga il suo consenso”
Conosciuto oramai da qualche anno come Green Deal, da oggi avrà anche un altro nome: si chiamerà Clean industrial, industria pulita. Consiste nell’abbattimento delle emissioni del 90 per cento entro 15 anni ma con accordi da chiudere direttamente con i settori produttivi e la garanzia di un giusto reddito per gli agricoltori. Il discorso con cui Ursula Von der Leyen si è candidata al secondo mandato da presidente della Commissione europea, davanti all’Europarlamento, non rinuncia a tenere attaccato al treno della maggioranza i Verdi, a sinistra, mostrandosi contemporaneamente sensibile a temi più cari ai sovranisti. Ne abbiamo parlato con Chicco Testa dirigente d’azienda con antica passione politica. Deputato per due legislature, si occupa di energia e di crescita. È stato segretario e successivamente presidente di Legambiente, che ha contribuito a fondare.
Come giudica la parte dedicata al green deal nel programma presentato da Ursula von der Leyen?
«Secondo me ha perso un’occasione per fare un bilancio critico della precedente legislatura certamente non esaltante da questo punto di vista. E ha perso un’occasione per allargare il suo consenso dimostrando di voler agire con realismo e pragmatismo».
Che cosa intende dire?
«Il cuore della parte green del discorso di Ursula von der Leyen sta in quel 90% di riduzione delle emissioni da raggiungere entro il 2040 per poi arrivare al 100% nel 2050. Negli ultimi 30 anni abbiamo ridotto le emissioni di circa il 30% con un tasso medio dell’1%. Per raggiungere una riduzione del 90% entro il 2040 dovremmo abbattere le emissioni ad un tasso dell’11% annuo con un’accelerazione di 10 volte superiore rispetto al passato. Mission impossible per evidenti ragioni di scala anche tenendo conto dei rendimenti marginali decrescenti. Più di spingi verso l’alto più diventa difficile e costoso migliorare. Sostanzialmente restiamo nel campo delle cose irrealizzabili che hanno connotati puramente ideologici».
Ma come mai secondo lei?
«Probabilmente è il tributo che ha pagato per scelta o per obbligo per avere i voti dei verdi e di una parte dei socialisti. Ma così non allarga il suo consenso».
Ma non c’è nessuna correzione rispetto al passato?
«In cambio UvdL promette un piano per rendere più verde l’industria europea , abbassare i prezzi dell’energia e promuovere filiere tecnologiche green. Buoni propositi che avrebbero bisogno di risorse ingenti. La von der Leyen non pronuncia mai le parole “neutralità tecnologica” che Bonelli ha definito una parola d’ordine delle destre visto che i verdi tifano solo per la tecnologia delle rinnovabili. Ma questo implica un atteggiamento pianificatorio che contraddice la volontà di stimolare l’industria, favorire l’innovazione e ridurre il peso della burocrazia».
Quindi che dobbiamo attenderci per il futuro?
«Continueremo a fare finta di cercare di realizzare obbiettivi irrealizzabili e isoleremo sempre di più l’Europa dal resto del mondo. Se poi Trump dovesse vincere le elezioni ci troveremmo completamente controcorrente. Niente di male se non fosse che l’Europa ha un disperato bisogno di rivitalizzare l’economia e il suo apparato industriale».
La Meloni ha proprio indicato questo tema come giustificazione per il suo voto contrario…
«C’era da attenderselo e questo non depone bene per il futuro della legislatura europea. Se von der Leyen non corregge coi fatti l’impostazione ideologica del suo programma si darà ulteriore fiato ai partiti anti europei che già contano su un ampio sentimento di protesta popolare. Non oso poi immaginare che cosa potrebbe succedere se questo si saldasse con un’eventuale vittoria di Trump».
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