La truffa no-vax che corre sul web
Green pass falsi su Telegram, pacco e doppio pacco per i furbetti

Dal 6 agosto il green pass è obbligatorio per entrare in molti luoghi della socialità. Un ostacolo duro da superare per i no-vax e no-green pass convinti che hanno trovato terreno fertile sui social. E come spesso accade sul web anche il pacco e il contropacco. Succede così che al popolo dei furbetti del green pass abbiano ne abbiano venduti non funzionanti e così è partita la richiesta di riscatto a suon di minacce di denuncia tra truffatori e truffati, a loro volta già truffatori dello Stato.
Come funziona la frode dei falsi green pass
“Ciao, ti spiego brevemente come funziona: attraverso i dati che ci fornisci (nome e cognome, residenza, codice fiscale e data di nascita) una dottoressa nostra collaboratrice compila un certificato vaccinale e (quindi sì, risulti realmente vaccinato per lo Stato) e da lì il Green pass”. Con questo messaggio gli utenti in cerca di certificazione verde falsa venivano attratti su Telegram in alcune chat dedicate alla vendita di finti green-pass.
Gruppi come “Green Pass ITA” o “Green Pass Italia Acquisto”, sono arrivati a contenere anche 35mila utenti iscritti prima che gli investigatori della Polizia Postale li scoprissero e li chiudessero. Un messaggio iniziale spiegava tutto l’occorrente: codice fiscale, carta di identità e tessera sanitaria. “Dopo avervi mandato il green pass la chat verrà eliminata insieme ai documenti”, spiegava un altro messaggio.
Poi il listino prezzi con costi da capogiro: 1 green pass costava 300 euro, con 2 il risparmio, costo totale 500 euro. Invece 4 green pass erano venduti alla modica cifra di 900 euro. Un vero “affare”. Infine: “Abbiamo notato che molti hanno difficoltà ad arrivare ai 300 euro, quindi abbiamo deciso di abbassare i prezzi a 200”.
I green pass fake non funzionano
A un certo punto alcuni utenti hanno iniziato a fare cattive recensioni a quel “servizio”, lamentando che una volta acquistati a quei prezzi da capogiro i green pass falsi non funzionavano come promesso da venditori. A quel punto i truffatori hanno iniziato a minacciare i contestatori che se non avessero pagato un riscatto di 350 euro in bitcoin avrebbero diffuso i dati dei loro documenti ricevuto per creare il falso green pass.
Il paradosso è avvenuto quando chi ha comprato i falsi green pass ha minacciato che glieli ha venduti di denunciarli alla Polizia Postale se non gli avessero restituito i soldi. Di tutta risposta, gli organizzatori di questi gruppi Telegram hanno minacciato chi ha pagato (e inviato i loro documenti personali come codice fiscale e carta d’identità): se non pagavano il riscatto di 350€ in Bitcoin, avrebbero diffuso i documenti online e avrebbero fatto avere i nominativi dei truffati alla Polizia. Dunque un vicolo cieco.
L’operazione “Fake Pass” della Polizia Postale
Ci sono sicuramente persone che hanno ceduto al ricatto e hanno pagato i soldi del riscatto in bitcoin. Ma intanto la Polizia postale ha fatto una vera a propria retata digitale con l’operazione “Fake Pass”. Gli investigatori del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni di Roma, Milano e Bari, con il coordinamento delle Procure della Repubblica presso i Tribunali di Roma, Milano e dei minorenni di Bari, stanno eseguendo perquisizioni e sequestri nei confronti degli amministratori di 32 canali Telegram responsabili della vendita di green pass Covid-19 falsi.
Intanto la Polizia ricorda che qualsiasi certificato green pass originale non può essere falsificato o manomesso “poiché ogni certificazione viene prodotta digitalmente con una chiave privata del ministero della Salute che ne assicura l’autenticità”. Ad ogni controllo l’app VerificaC19 legge la firma digitale e verifica che sia decifrabile con una delle chiavi pubbliche che ha scaricato dal database. Di conseguenza un Qr-Code generato con una certificazione non autentica non supererebbe la procedura di verifica.
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