La presidente della Commissione europea riserva, alla scadenza delle nomination dei commissari del 30 agosto, una sorpresa: vuole istituire una nuova delega, il Commissario alla Difesa. Un passaggio strategico, tutt’altro che solo formale. «Dobbiamo avere in mente una revisione sistemica della difesa europea. E questo è il motivo per cui nominerò un vero e proprio commissario alla difesa nella prossima Commissione», ha detto ieri. Abbiamo chiesto il parere dell’ex ministro della Difesa, il deputato dem Lorenzo Guerini, presidente del Copasir.

Ursula von der Leyen ha annunciato la nomina di un nuovo commissario europeo, con la delega alla difesa. Cosa ne pensa?
«Finalmente! Questo è il tempo di un vero salto di qualità del progetto della difesa europea. Se non ora quando? La nomina di un commissario alla difesa sarà certamente una spinta all’integrazione europea nel campo della difesa di cui abbiamo certamente bisogno, anche nell’ottica di rafforzare il pilastro europeo dell’Alleanza Atlantica. Ricordo che quello della difesa europea era uno degli obiettivi che De Gasperi aveva indicato ormai 70 anni fa per la costruzione di un’Europa davvero politicamente integrata. Se oggi riusciremo a fare un passo avanti ne guadagnerà la capacità dell’Europa di avere un ruolo più incisivo in un mondo in drammatica trasformazione».

Va messo in piedi un modello di difesa europeo che conti anche su una forza di intervento rapido?
«Una forza di primo intervento di 5.000 unità è già prevista dallo Strategic Compass approvato a inizio 2022. Ma realizzare la difesa europea significa molto di più: maggior condivisione e integrazione tecnologico- industriale, costruzione di capacità militari comuni, forti e credibili anche nel loro impiego. E una vera strategia di sicurezza condivisa, a partire dalla stabilità del nostro immediato vicinato. Cioè è una questione tutta politica prima che tecnica».

Se ci fosse domani, l’esercito europeo, dovrebbe andare a difendere l’Ucraina?
«Non è questo il punto. Nessuno ha mai immaginato un impiego diretto di militari occidentali in Ucraina. Quello di cui c’è invece bisogno è maggior fluidità e volume degli aiuti che Europa e Stati Uniti stanno inviando all’Ucraina, a partire dal munizionamento».

Come giudica l’iniziativa di dare armi all’Ucraina con il caveat di non usarle per attacchi sul territorio russo?
«Ogni decisione è rimessa ai governi nazionali dei Paesi donatori. Guardiamo però a quanto sta succedendo in queste ore a Kharkiv: i russi bombardano senza pietà alcuna la città, colpendo obiettivi civili, attaccando dal proprio territorio e stando al sicuro nei propri confini. Rimettere in discussione questo caveat significa contribuire a consentire alle Forze Armate ucraine di difendere le loro città, di proteggere donne e bambini dagli attacchi indiscriminati russi».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.