Da una parte il leader della Corea del Nord incontra il presidente russo Vladimir Putin nel cosmodromo di Vostochny, nella parte più orientale della Federazione. Parlano di lanci spaziali, armi, di “guerra santa” all’Occidente e si mostrano a vicenda i pezzi forti dei loro arsenali stringendo un’alleanza che preoccupa i vicini e l’Occidente.

Dall’altra parte, il cardinale Matteo Maria Zuppi è a Pechino per parlare di pace in Ucraina. “Pace giusta”, “pace decisa dagli ucraini” come ribadito dal porporato romano. E la speranza è che dal dialogo con l’inviato cinese per gli affari eurasiatici, Li Hui, scaturisca una nuova scintilla dopo che Mosca e Kiev hanno fatto intendere di non avere intenzione di parlare. Almeno per il momento.

Le due immagini che giungono dall’Oriente sono così diametralmente opposte. L’isolamento e la mediazione, le armi per la guerra in Ucraina e i percorsi di pace della Santa Sede, la “guerra santa” di cui parla Kim e la “pace giusta” di cui si fa portavoce Zuppi. E tutto questo avviene in contemporanea e proprio nei due Paesi che hanno stretto legami sempre più granitici dall’inizio dell’invasione: Cina e Russia. Le simbologie non mancano, tra chi si affida al cielo per lanciare satelliti e missili e chi guarda a un altro tipo di Cielo, con la C maiuscola. E la speranza, ancora una volta, è riposta nella capacità di ascolto rispetto a una missione pontificia che ha ricevuto grande sostegno ma anche diversi ostacoli lungo il suo cammino. Questa volta, a unirsi alle difficoltà diplomatiche tra due governi in guerra e due forze che si contrappongono in un conflitto esistenziale, c’è il nodo anche dei rapporti bilaterali tra Santa Sede e Repubblica popolare.

Formalmente i due interlocutori non hanno relazioni ufficiali. Tutto viaggia sui binari di una diplomazia parallela fatta di incontri, scontri sulla libertà della Chiesa, tentativi di dialogo, accordi che cercano di salvaguardare la comunità cattolica cinese, messaggi tra pontefici e leader del Partito (da ultimo quello di Francesco quando ha sorvolato il territorio cinese per raggiungere la Mongolia). E la Santa Sede è anche uno dei pochi Paesi della comunità internazionale a riconoscere Taiwan come Stato, in piena contraddizione con quella dottrina della “una sola Cina” ideata da Richard Nixon con Henry Kissinger e a cui – in maniera molto elastica – si rifanno anche gli Stati Uniti e l’intero Occidente. Con queste premesse, appare chiaro che l’incontro tra Zuppi e Li Hui parte già con lacune importanti.

Eppure, già solo la scelta del governo cinese di accogliere l’inviato del Papa organizzando un incontro con l’uomo più importante del Partito comunista sul fronte del conflitto in Ucraina, appunto Li Hui, è un segnale da non sottovalutare. Pechino non ha chiuso le porte all’inviato del pontefice e questo evidenzia come da parte della Repubblica popolare vi sia interesse alla diplomazia del Vaticano e alle sue possibili convergenze con quella dell’Impero di Mezzo. Certo, è chiaro a tutti che gli interessi non possono che essere del tutto diversi. La Cina spera di mediare tra le parti in guerra come certificazione della sua ascesa a potenza globale, ma anche come dimostrazione di una certa superiorità diplomatica rispetto a Stati Uniti ed Europa. Inoltre, la sua neutralità nei riguardi dell’invasione russa poggia su basi opposte rispetto alla neutralità della Santa Sede che, come ebbe a dire l’arcivescovo Paul Gallagher, non va confusa con indifferenza né va considerata, come ha sottolineato più di recente Francesco, una “neutralità etica”.

La Cina ha più volte evitato di condannare l’aggressione e i suoi rapporti con la Russia sono quelli di una partnership strategica che implica anche una sfida per un nuovo ordine mondiale. Tuttavia, la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, ha detto delle parole significative: “Sulla questione dell’Ucraina, la Cina è sempre stata impegnata a promuovere i colloqui di pace. Siamo pronti a lavorare con tutte le parti e a continuare a svolgere un ruolo costruttivo nel promuovere la riduzione della tensione e il raffreddamento della situazione”.

Così, tra interessi strategici, equilibri geopolitici, scontro tra superpotenze, divisioni su Taiwan, sulla Chiesa patriottica, sulla nomina dei vescovi e le restrizioni alla libertà religiosa, la diplomazia vaticana cerca di incunearsi con un unico obiettivo: riuscire a trovare percorsi di pace per una guerra che devasta l’Ucraina e destabilizza il mondo.