Nel giorno in cui l’Ucraina commemora l’anniversario del ritiro russo dalla città martire di Bucha, dove le truppe russe lasciarono dietro di loro i cadaveri di civili giustiziati a freddo, facendo di questa località vicino a Kiev il simbolo più lampante delle atrocità compiute dall’esercito di Mosca, arriva da Minsk un inaspettato “ramoscello d’ulivo”.

Il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, fedele alleato di Vladimir Putin, ha chiesto oggi in un discorso tenuto al Parlamento bielorusso sullo stato della nazione un “cessate il fuoco incondizionato in Ucraina“. “Bisogna fermare il conflitto prima che ci sia una ulteriore escalation“, ha detto, “Se la leadership russa vede rischi di collasso del Paese userà le armi più spaventose”, è stato l’avvertimento dell’autocrate bielorusso, che arriva a pochi giorni dall’annuncio da parte di Mosca del prossimo dispiegamento di armi nucleari tattiche proprio sul territorio bielorusso.

Mi assumo il rischio – ha aggiunto Lukashenko – di proporre che le attività militari vengano sospese senza che le parti possano spostare equipaggiamenti militari e raggruppare le truppe“.

Tra le parti dovrebbero essere inoltre avviati “negoziati senza precondizioni“, che secondo Lukashenko sono “il solo modo” di arrivare alla pace. Lukashenko vede infatti all’orizzonte un pericolo enorme: una terza guerra mondiale con “incendi nucleari”, per questo l’unico modo per risolvere la situazione è quello di “colloqui senza precondizioni” che “devono essere avviati subito” tra Kiev e Mosca.

Anche perché, ha aggiunto Lukashenko parlando al Parlamento, sia Russia che Ucraina capiscono che “non possono cercare una vittoria a tutti i costi”. A tal proposito Lukashenko ha dichiarato che una controffensiva delle forze ucraine potrebbe “cancellare ogni speranza di un processo negoziale e portare a un’escalation irreversibile del conflitto”, un evento definito dal dittatore bielorusso “estremamente pericoloso”.

Ovviamente nel suo discorso l’autocrate di Minsk e grande alleato di Putin non ha mancato di attaccare “l’Occidente”, che secondo il numero uno di Minsk “si sta preparando a invadere la Bielorussa per distruggerla”. Non a caso il presidente bielorusso ha difeso e rivendicato la scelta da parte russa di schierare armi nucleari tattiche sul proprio territorio, un piano definito un’opportunità per “salvaguardare” il paese dalle minacce occidentali

Nelle circostanze attuali e nella situazione politico-militare nel nostro Paese, ho intensificato i negoziati con il presidente russo Putin sulla restituzione delle armi nucleari alla Bielorussia. Vale a dire, sulla restituzione delle armi nucleari ritirate negli anni ’90”, ha detto Lukashenko nel suo discorso in Parlamento.

Per Lukashenko è sempre il temuto “Occidente” a cercare di “trascinare la Bielorussia in guerra” e cita a tal proposito il riamo dei suoi vicini, in particolare la Polonia grande alleata di Kiev nel conflitto in corso da ormai oltre 13 mesi. Il presidente bielorusso nel suo discorso sulla stato della nazione ha rimarcato che solo nel 2023 la Polonia intende spendere circa 21 miliardi di euro per esigenze militari, pari a circa il 3% del Pil, il 70% in più rispetto al 2022. E che questa cifra potrebbe salire a 27,7 miliardi di euro, pari al 4% del Pil entro il 2024. “È il doppio di quanto richiesto dalla Nato. Perché? Chi minaccia la Polonia?“, ha detto Lukashenko, facendo riferimento alla richiesta della Nato di spendere il 2% di Pil nella difesa.

La proposta-appello di Lukashenko comunque non ha trovato sponda a Mosca. Per la Federazione russa “non cambia nulla, l’operazione militare speciale continua“, ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov dopo aver ascoltato le dichiarazioni del presidente bielorusso sulla tregua in Ucraina.

Redazione

Autore