Vladimir Putin e le alte sfere della Difesa russa sono pronti ad un nuovo reclutamento di soldati a contratto nell’esercito, da spedire sul fronte di guerra in Ucraina per la battaglia del Donbass. A scriverlo sono diversi media regionali russi: il ministero della Difesa ha già inviato ordini alle regioni indicando il numero di persone da arruolare che, secondo indiscrezioni, sarebbe di 400mila nuovi soldati a partire dal primo aprile.

Responsabili dell’attuazione del piano sono i commissariati militari e i governatori. Nelle regioni di Chelyabinsk e Sverdlovsk, per esempio, dovrebbero essere 10mila le persone a entrare in servizio, 9mila nel territorio di Perm. La pubblicazione Nestka scrive che gli uffici di registrazione e arruolamento militare stanno cercando di compensare le perdite dell’esercito russo e si cercano soprattutto conducenti di veicoli blindati e artiglieri.

Il ‘non detto’ è anche la mossa della Difesa di limitare il “peso” dei mercenari del gruppo Wagner di Yevgeny Prigozhin, che da settimane sta conducendo una sua personale guerra contro il ministro Shoigu e le alte sfere dell’esercito russo, accusati di non fornire supporto ai suoi uomini impegnati sul fronte del Donbass.

Un piano però smentito dal portavoce del Cremlino Dmitri Peskov: il fedelissimo di Putin ha assicurato che Mosca non pianifica una seconda ondata di mobilitazione e che “non ci sono discussioni del genere al Cremlino”.

L’invio di nuovi soldati da reclutare in patria era stato ‘profetizzato’ dall’analisi del Washington Post sullo stato del conflitto a 13 mesi dall’inizio della guerra. Il quotidiano statunitense ricordando le perdite dei due fronti, 120mila soldati ucraini uccisi o feriti dall’inizio dell’invasione della Russia rispetto ai circa 200mila da parte di Mosca, sottolineava come il Cremlino potesse godere di un esercito più numeroso e su una popolazione enormemente più vasta, un bacino da cui attingere per spedire “forze fresche” in battaglia.

L’esercitazione navale congiunta

Intanto però si rinsalda l’alleanza tra Russia, Cina e Iran, il ‘trio canaglia’. Il ministero della Difesa cinese ha infatti annunciato oggi l’inizio di esercitazioni navali congiunte con la partecipazione di Iran e Russia nel Golfo di Oman.

Le esercitazioni dovrebbero concludersi il 19 marzo. “In conformità con gli accordi delle forze armate di Russia, Cina, Iran e altri paesi, le forze navali di Cina, Iran, Russia e altri paesi condurranno esercitazioni navali congiunte ‘2023 Marine Security Belt’ nel Golfo di Oman dal 15 al 19 marzo“, ha affermato il ministero in un comunicato.

Lo scontro sul drone Usa

Proseguono intanto anche le schermaglie verbali tra Washington e Mosca dopo lo scontro in volo nello spazio aereo internazionale sopra il Mar Nero tra due jet da combattimento russo e un drone militare Usa.

L’incidente, secondo quanto riferiscono fonti militari Usa, citate dalla Cnn, aveva visto coinvolti due caccia SU-27 russi. Uno dei due jet ha scaricato del carburante davanti al drone, mentre l’altro ne ha danneggiato l’elica, montata sulla parte posteriore del velivolo, costringendo gli operatori a far scendere il drone in acqua.

L’incidente con l’UAV americano MQ-9 Reaper – provocato dalla Russia sul Mar Nero – è il modo di Putin di segnalare la sua disponibilità ad espandere il conflitto per coinvolgere altre parti. Lo scopo di questa tattica all-in è quello di alzare sempre la posta in gioco“, è l’accusa rivolta su Twitter al Cremlino dal segretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale dell’Ucraina, Oleksiy Danilov.

Di diverso avviso la ricostruzione e la reazione di Mosca. L’ambasciatore russo negli Stati Uniti Anatoly Antonov, citato dall’agenzia Ria Novosti, ha chiesto agli Stati Uniti di mettere fine a quelle che chiama le “inaccettabili attività militari vicino ai confini russi” dopo l’incidente sul Mar Nero.

Sappiamo tutti – ha aggiunto Antonov – a cosa servano queste ricognizioni di velivoli senza pilota. Cioè a raccogliere informazioni di intelligence che poi l’Ucraina usa per colpire la Russia“. Mosca si aspetta dunque che Washington “metta fine ai voli vicino ai confini russi“, che definisce “ostili“.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia