Lo stato della guerra possibile e latente è da ieri tornato in modalità di attesa prudente quando gli iraniani hanno risposto al messaggio americano in termini neanche troppo criptici: “Non vogliamo la guerra, non siamo interessati a compiere il passo definitivo verso la catastrofe”. Il punto più alto dello sviluppo irreversibile era ormai stato raggiunto lunedì pomeriggio quando gli strumenti di rilevamento della portaerei Usa D. Eisenhower avevano mostrato attività di pezzi di artiglieria manovrati da Hezbollah stazionati in Libano dove dispongono di magazzini di missili e razzi.

Sia il Presidente Biden che il Segretario di Stato Blinken hanno diramato messaggi per via diplomatica e attraverso il Qatar in cui si avvertivano i responsabili del governo iraniano che la più potente portaerei americana e del mondo aveva ricevuto l’ordine, in caso di attacchi anche sporadici, di rispondere distruggendo le basi usate per l’aggressione e contrattaccando subito dopo.
A Teheran i generali erano in riunione con il governo per ribadire in maniera chiara che le forze armate al loro comando non avevano alcune possibilità di affrontare uno scontro con la Navy americana. Gli Ayatollah hanno convenuto e diramato subito dopo messaggi cifrati in cui si affermava che le forze legate all’Iran, come gli Hezbollah e i ribelli sudanesi, avevano ricevuto l’ordine di non lanciare rockets o missili nelle direzioni interdette dal Pentagono su istruzione diretta di Joe Biden.

Biden la sera prima aveva avuto un alterco con il repubblicano Mike Pence il quale gli rimproverava di mantenere contemporaneamente due fronti di guerra: uno in Ucraina e uno in Medio Oriente. Biden gli aveva sibilato davanti alle telecamere: “Ma non capisci che l’America e solo l’America ha una forza militare superiore a quella di tutte le altre forze armate del mondo e di poterle battere tutte allo stesso tempo?”. Biden aveva appena inghiottito il rospo (almeno formalmente) della totale sordità di Netanyahu e dell’Idf a rinunciare all’assedio e alla conquista di Gaza City e dei suoi 300 leggendari chilometri di tunnel. Le portaerei americane si sono portate in posizione di possibile intervento in difesa di Israele se attaccato dall’Iran e l’operazione di chirurgia profonda stava e sta andando avanti nel ventre della terra. Non soltanto gli americani hanno il dito sul grilletto ma anche i francesi hanno inviato l’artiglieria e la loro forza navale: tre navi da combattimento, una nave ospedale e una porta-elicotteri attrezzata per fare la spola dal campo di battaglia per soccorrere malati e feriti.

Ma gli Stati Uniti hanno preso atto del fatto che la Francia è al tavolo del drammatico gioco e altrettanto si apprestano a fare il Regno Unito che fa parte del gruppo dei “sei occhi”, i popoli di lingua inglese sulla Terra che condividono alleanze profonde. E la Russia? E la Cina? Putin e Pechino hanno compiuto il gesto irreversibile di riconoscere Hamas come movimento patriottico combattente, delegittimando di fatto l’Amministrazione nazionale palestinese di Abu Mazen il quale ora vuole guidare le trattative per colpire Hamas e schierarsi con i non allineati che rifiutano la direzione sciita, russa e cinese. Se la Cina si limita a diffondere comunicati artefatti sullo stato delle cose ma senza minacciare interventi militari, la Russia di Putin è molto più compromessa con Hamas ed è costretta, oltre che lieta, di avere nell’Iran un alleato e un amico anche se imprevedibile e capriccioso. La Russia dipende oggi largamente dall’Iran per l’invio delle munizioni necessarie ai droni iraniani che martellano l’Ucraina.

In Ucraina la doccia fredda rappresentata dalla palpabile disaffezione del mondo occidentale alla causa di Kiev, ha indurito la posizione di Zelensky che ha proceduto a un repulisti dei vertici delle forze speciali dopo che un missile russo, guidato da un drone di cui nessuno si era accorto, ha dato le coordinate per colpire la cerimonia in cui una trentina di giovani eroi feriti dovevano ricevere una medaglia al valore. Sono tutti morti e questo massacro ha avuto un effetto molto deprimente ma anche infuriante sulla popolazione Ucraina e sui militari che non sapevano più se maledire lo Stato maggiore o i russi. Zelensky sa che sarebbe molto utile se non vitale tornare a occupare la scena mediatica e politica e tuttavia si è sentito rassicurato dal fatto che Biden avesse dichiarato a tutto il mondo che non avrebbe mai abbandonato l’Ucraina neanche se gli Usa avessero dovuto impegnarsi in una vera guerra contro l’Iran e i suoi alleati.

Zelensky ha oggettivamente interesse ad una crescita della tensione in modo di poter evitare di subire dei diktat occidentali che lo costringano a cessare il fuoco e consegnare un terzo del suo Paese a Mosca. Le forze armate ucraine sono spaventate dal tasso di mortalità enorme si un fronte che non si muove senza vincitori né vinti ma su cui i russi possono riversare comunque centinaia di migliaia di truppe fresche mentre la gioventù Ucraina è decimata. Ma il Congresso ha finalmente sbloccato mezzo miliardo di dollari in aiuti militari dopo aver dovuto far fronte al government show-down.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.