Le voci di un possibile accordo tra Hamas e Israele vengono per il momento sopite. L’ipotesi esiste, ed è confermata sia dagli incontri di questi giorni tra vertici politici e di intelligence, sia dalle dichiarazioni giunte dalla stessa Hamas e dallo Stato ebraico. Tuttavia, l’impressione è che la tregua non sia imminente, come del resto anticipato anche dalla stessa Casa Bianca, che è coinvolta direttamente nelle trattative. Mercoledì, il presidente Joe Biden aveva ribadito la “pressione” della sua amministrazione per raggiungere un accordo, ma aveva anche dovuto ammettere che, almeno in questa fase, “non c’era alcuna aspettativa”.

I negoziati tra Israele e Hamas

Come riportato dal Times of Israel, un funzionario del governo israeliano ha confermato la volontà di definire un nuovo quadro entro cui realizzare un accordo, ma la stessa fonte ha anche aggiunto che “al momento non ci sono trattative”. E il premier Benjamin Netanyahu, in una dichiarazione pubblicata ieri sui suoi social, ha scritto senza giri di parole: “Suggerisco ad Hamas: arrendersi o morire”. Espressione che aveva utilizzato anche nelle ore in cui parlava con insistenza di una nuova tregua. Anche dall’organizzazione che controlla la Striscia di Gaza sono arrivati segnali di un’interruzione delle trattative. Uno dei leader di Hamas, Ghazi Hamad, ha detto ad Al Jazeera che “alcune persone cercano una piccola pausa, una pausa qua e là per una settimana, due settimane, tre settimane” mentre la volontà della sigla palestinese è quella di “fermare completamente l’aggressione”. In una dichiarazione pubblicata dalla stessa Hamas si legge che “non si dovrebbe parlare di prigionieri o di accordi di scambio se non dopo la completa cessazione dell’aggressione”. E questa scelta era stata confermata anche dopo il blitz al Cairo del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh: vertice con i mediatori egiziani che le fonti palestinesi avevano detto che si era “concluso senza risultati”. Difficile dire se si tratti di vere e proprie chiusure nei confronti di un nuovo accordo o di ulteriori modalità mediatiche in cui si svolge il negoziato.

In questi giorni, aveva preso corpo l’idea di una nuova intesa sul modello di quella che a novembre aveva portato alla liberazione degli ostaggi in cambio di cessazione delle ostilità e liberazione di centinaia di detenuti palestinesi. Ma se Hamas vuole avere garanzie sul suo futuro politico – di cui, secondo il Wall Street Journal, starebbe discutendo anche con Fatah per una eventuale alleanza nell’Organizzazione per la liberazione della Palestina – Israele, dal canto suo, vuole avere garanzie soprattutto sul futuro della Striscia di Gaza dopo la guerra. Intanto, in queste ore, le Israel defense forces hanno intensificato nuovamente i combattimenti all’interno della Striscia. L’ex ministro della Difesa Benny Gantz, generale che ora è all’interno del gabinetto di guerra, ieri ha ribadito che il suo Paese non fermerà la guerra nell’exclave palestinese “finché non cambieremo la realtà nel sud e anche nel nord”, e ha confermato che “l’operazione a Gaza continua” e che “continuerà nella profondità del territorio e in diverse fasi”. Future fasi che, come suggerito anche dal segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin, potrebbero essere contraddistinte proprio da un abbassamento dell’intensità del conflitto e il passaggio a operazioni più chirurgiche.

Gaza, l’avanzata dell’esercito israeliano

Ieri le Idf hanno comunicato di avere assunto il “controllo operativo” del quartiere Shejaiya di Gaza: area che nei giorni scorsi era stato teatro di violenti scontri in cui non solo erano morti diversi soldati israeliani, ma dove erano anche stati uccisi per errore tre ostaggi per mano dei soldati delle forze armate. Le Tsahal hanno inoltre annunciato l’espansione delle operazioni militari nella parte centrale della Striscia, in particolare a sud della città di Gaza. E mentre alcune fonti denunciano la distruzione di due moschee durante i raid delle forze armate israeliane, le Brigate al Qassam, ala militare di Hamas, hanno rivendicato la presunta uccisione di undici membri delle forze speciali israeliane e il lancio di decine razzi contro la città di Tel Aviv. I razzi sono piovuti ancora una volta anche dal Libano, dove la tensione non accenna a diminuire. Secondo i media locali, sarebbero 20 i missili partiti dal sud del Paese dei ceri contro diverse aree di Israele. Nella notte, le Idf hanno bombardato postazioni della milizia Hezbollah, che a sua volta ha rivendicato un attacco contro la cittadina israeliana di Metulla dopo l’uccisione di un’anziana libanese a Maroun al-Ras. Sempre Gantz, che negli ultimi sondaggi appare nettamente favorito per prendere il posto di Netanyahu alle prossime elezioni, ha detto che “Israele non sopporterà la minaccia che Hezbollah rappresenta per i residenti del nord” e che il Libano “è obbligato ad assumersi la responsabilità del terrorismo che proviene dal suo territorio”. Aumenta il pressing israeliano per trovare una soluzione alla presenza della milizia sciita a ridosso del confine.