Il vertice
Guerra Russia-Ucraina: Parigi ha dimostrato che non esiste una visione unanime sul da farsi

Un tempo si diceva “Parigi val bene una messa”, o almeno così la pensava l’ugonotto Enrico di Borbone. Oggi invece la fu capitale della Belle Époque, che sogna di ritornare regina d’Europa, stenta a trovare la quadra reale di una rinascita europea nel solco di una sinergia militare. Un sogno che oggi l’inquilino dell’Eliseo, Emmanuel Macron, può fattivamente provare a tradurre in realtà grazie all’eredità di Charles de Gaulle e alla scommessa nucleare. L’ombrello sotto cui la Francia auspica di poter ospitare tutta l’Europa continentale. A turbare i sogni della sempiterna Grandeur è stato il ritrovato protagonismo d’Oltremanica del primo ministro Keir Starmer, che spera di cancellare le fatiche interne del suo esecutivo (che non sono poche) con una politica estera da grande potenza, degna di un ex Impero che ritrova la strada per il futuro. Del resto, anche la Lady di Ferro – dopo le molte difficoltà iniziali – ottenne la gloria e il consenso con la guerra delle Falkland, in cui il Regno Unito mostrò quegli attributi che fanno la differenza tra le potenze e i Paesi di serie B.
Appuntamento con la storia
I grandi Paesi e i loro leader non possono mancare gli appuntamenti con la storia: è una legge non scritta ma valida sin dai tempi narrati da Omero e mai superata. Il vertice di Parigi è la conseguenza dei punti sviluppati nel Consiglio europeo, ma che possono essere tradotti in fatti unicamente dagli Stati nazionali. E l’esito ha dimostrato che oggi non esiste una visione unanime sul da farsi, soprattutto nei confronti dell’Ucraina e dell’eventuale ruolo europeo nel garantire la pace tanto auspicata, ma ancora oggi lontana nonostante i colloqui di Riad. Per Mosca, il protagonismo europeo dietro le parole di pace nasconde in verità propositi di guerra. Ed è chiaro che la Russia cerchi di legittimare un proseguimento del conflitto sull’assunto “gli americani vogliono la pace, ma l’Europa si arma e vuole proseguire la guerra”. Un rischio che cresce con l’ipotesi di invio di un contingente dei volenterosi che Mosca ad oggi interpreta come “atto di guerra”.
La teoria di Meloni
Da qui nasce la proposta italiana di non inviare soldati senza il cappello – o meglio, il Casco blu – delle Nazioni Unite. Proposta che appare comunque difficile, non solo per gli equilibri Onu ma anche in quanto Francia e Regno Unito non arretrano sulla volontà di proseguire nel solco di un contingente “alleato” ma nazionale. Rispetto a qualche settimana fa, la posizione anglo-francese si è ammorbidita alla luce delle valutazioni fatte dai vertici militari di entrambi i Paesi. Ma ancora oggi per Macron “ci sarà una forza di rassicurazione” costituita da “diversi Paesi europei” e si realizzerà “in alcuni luoghi strategici” dell’Ucraina, però solo “in caso di pace”. Precisazione che cambia di molto le tempistiche. Per il presidente francese, il ruolo delle forze non sarà quello di essere “destinate al mantenimento della pace, non saranno forze presenti sulla linea di contatto né destinate a sostituirsi all’esercito ucraino”. Una visione che già limita – e di molto – sia la funzione di queste forze sia le eventuali regole di ingaggio.
Non c’è unanimità
Macron ha spiegato che al momento non esiste l’unanimità nell’invio di una forza di peacekeeper, ma che tutti i volenterosi sono concordi sulla necessità che le garanzie di “pace” per Kyiv si reggano su un’Ucraina dotata di forze armate al massimo della loro efficienza, da sostenere con una forza alleata franco-inglese e con il più generale riarmo dell’Europa.
La posizione italiana è quella di spingere per una missione sotto l’egida Onu. Il ministro Tajani ha spiegato come “riarmarsi non vuol dire essere guerrafondai”. In concomitanza con il vertice parigino, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – parlando a una delegazione dell’Aeronautica Militare – ha tenuto a sottolineare: “Appare essenziale una riflessione sul nuovo contesto strategico internazionale che naturalmente richiederà conseguenti processi decisionali. Vale per le decisioni nel contesto dell’Alleanza atlantica e vale per le decisioni nell’Unione europea che non sono più rinviabili. Guardiamo al futuro con la consapevolezza che la logica militare continuerà ad essere una colonna fondamentale per la difesa nazionale”.
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