Andrea Orlando è stato tra i primi a commentare la diciannovesima assoluzione collezionata da Antonio Bassolino, l’ex sindaco di Napoli e governatore campano finito nel mirino della magistratura per presunte irregolarità nella gestione del ciclo dei rifiuti. «Adesso che i processi si sono conclusi, adesso che nessuno potrà dire che si vuole fare pressione sui magistrati, ci si può chiedere che cosa non ha funzionato?», ha domandato il vicesegretario del Partito democratico ed ex ministro della Giustizia. Orlando ha ragione, ma probabilmente ha la memoria corta.
Già, perché nel 2015 fu proprio lui a chiedere che nella squadra degli ispettori di via Arenula entrasse Paolo Sirleo, uno dei due sostituti della Procura di Napoli che 12 anni prima avevano messo sotto inchiesta “don Antonio”. Il tutto mentre Giuseppe Noviello, l’altro pm autore dell’indagine che frenò l’ascesa di Bassolino e stravolse la storia della sinistra italiana, veniva nominato consigliere di Cassazione dal Csm. Noviello e Sirleo sono stati per anni il simbolo delle inchieste sui rifiuti in Campania. Porta la loro firma l’indagine sfociata non in uno, ma in 19 processi a carico di Bassolino per un totale di 140 udienze e 150mila pagine di atti processuali riversati in 15 cd. Da quelle vicende l’ex governatore campano, oltre che commissario per l’emergenza rifiuti, è uscito senza macchia. Restano lo strazio giudiziario e la gogna mediatica, l’isolamento all’interno del Pd e lo stop alla carriera politica che Bassolino ha dovuto sopportare.
Ma i magistrati che lo misero sotto inchiesta che fine hanno fatto? Figlio di Ciccio, stimato dirigente dei servizi segreti, il 48enne Paolo Sirleo ha visto la sua carriera intrecciarsi con quella di un magistrato abituato a occupare le prime pagine dei giornali e le poltrone dei salotti televisivi: Nicola Gratteri. Fu quest’ultimo, nel 2011 procuratore aggiunto di Reggio Calabria, a spingere perché un giovane e brillante magistrato come Sirleo venisse trasferito dal Tribunale di Cassino alla Procura del capoluogo calabrese. Ed è stato sempre Gratteri lo sponsor di Sirleo quando, nel 2018, quest’ultimo è diventato sostituto procuratore di Catanzaro. «Ho lavorato con lui e ne ho conosciuto il valore, è una persona incorruttibile e di grandissimo valore», ha riferito Gratteri all’atto dell’insediamento di Sirleo.
Tra il trasferimento a Reggio Calabria e quello a Catanzaro, però, il pm che mise sotto inchiesta Bassolino ha vissuto un’esperienza professionale: quella di ispettore del Ministero della Giustizia. A sceglierlo per quel ruolo, nel 2015, fu Andrea Orlando, all’epoca ministro della Giustizia del governo Renzi. Proprio così: lo stesso Orlando che oggi si straccia le vesti davanti all’odissea giudiziaria affrontata da Bassolino fece in modo che dell’ispettorato generale di via Arenula entrasse a far parte uno dei pm che nei confronti dell’ex governatore campano avevano costruito un castello accusatorio poi puntualmente crollato. Qui le vicende giudiziarie s’intrecciano con una serie di curiose coincidenze politiche. Orlando, infatti, è notoriamente tra le persone più vicine all’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. E Napolitano è stato per decenni l’alfiere della corrente cosiddetta “migliorista” del Partito comunista che si contrapponeva a quella di cui faceva parte Bassolino. Nessuno può dire che ci sia stata una regia politica dietro i 19 processi che “don Antonio” ha dovuto affrontare. E nessuno può adombrare una sorta di regolamento di conti all’interno della sinistra campana e italiana attraverso vicende giudiziarie rivelatesi clamorosi flop. Fatto sta che le mosse dei pm napoletani hanno probabilmente indirizzato la carriera politica di Bassolino e la storia della sinistra su un binario diverso rispetto a quello sul quale sembravano avviate.
A fare carriera è stato non solo Sirleo, ma anche Noviello, ritenuto il magistrato più inflessibile della coppia. Oggi è consigliere della Cassazione, nel settore penale. I beninformati raccontano di un interrogatorio durante il quale Bassolino, contestando l’ipotesi di abuso in atti d’ufficio formulata dai pm napoletani, sottolineava come il suo ruolo di commissario per l’emergenza rifiuti fosse sostanzialmente politico. Fu Noviello, con gli stessi toni decisi che era solito sfoderare in udienza, a chiarire all’indagato il carattere amministrativo del suo ruolo. Ne nacque un braccio di ferro come quelli ai quali il pm napoletano e gli avvocati della difesa ci hanno abituato nel corso degli anni. Negli ambienti del Palazzo di Giustizia, Noviello era considerato un magistrato particolarmente risoluto e preparato. E molto cocciuto. Prova della cocciutaggine fu l’abuso edilizio contestato sempre a Bassolino.
La Procura era a caccia del denaro che la famiglia Romiti avrebbe versato all’ex governatore campano. Quei soldi, secondo Noviello e Sirleo, avevano la forma di un casolare in Toscana, a Cortona, di cui Bassolino non risultava nemmeno unico proprietario. Della vicenda si sarebbe dovuta occupare la Procura di Arezzo, competente per territorio, ma i pm di Napoli vollero avocare l’indagine collegando i presunti abusi commessi nel casale toscano alle ecoballe che una società della Impregilo avrebbe stoccato in quegli stessi territori. Risultato? Assoluzione piena: una delle 19 che Bassolino ha dovuto inanellare per mettersi alle spalle un incredibile calvario giudiziario.