È escalation verbale nelle relazioni già tese tra Turchia e Israele a causa di Hamas. L’intelligence turca (Mit) mette in guardia il Mossad ammonendolo a non intraprendere alcuna azione contro esponenti palestinesi sul suolo turco perché ciò “comporterebbe gravi conseguenze”.

Il precedente: l’operazione ‘Ira di Dio’

Ad inasprire ancora di più i toni sono state le dichiarazioni del capo dell’agenzia di intelligence israeliana per gli affari interni (Shin Bet), Ronen Bar, che, all’emittente pubblica israeliana Kan, ha detto: “Il governo ci ha fissato un obiettivo: eliminare Hamas. Lo faremo a Gaza, in Cisgiordania, in Libano, in Qatar, in Turchia e ovunque. Questa è la nostra Monaco”. Il riferimento è all’operazione “Ira di Dio” con la quale i servizi segreti israeliani diedero la caccia ai responsabili del raid del 5 settembre 1972 nel Villaggio Olimpico di Monaco dove l’organizzazione armata palestinese “Settembre Nero” fece irruzione e uccise 11 membri della squadra olimpica israeliana.

Il Mossad sguinzagliò i propri agenti nelle principali città europee e del Medio Oriente e uccise, uno per uno, tutti i responsabili di quell’attacco terroristico. Questa dichiarazione arriva poche ore dopo quelle infuocate di Erdoğan pronunciate durante il suo discorso al Comitato permanente per la cooperazione economica e commerciale dell’Organizzazione per la cooperazione islamica con le quali aveva descritto Netanyahu come il “macellaio di Gaza” e lo aveva paragonato al leader serbo Slobodan Milošević, morto mentre veniva processato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e per essere stato responsabile del massacro di Srebrenica e del tentato genocidio della popolazione bosniaca. “Netanyahu come Milošević”, ha tuonato alla platea in un diluvio di applausi.

Il risvolto di Erdogan

Il leader turco non si è limitato a scagliarsi contro Netanyahu e si è rivolto alla umma ergendosi ad alfiere della causa palestinese con queste parole: “Come mondo islamico, è nostro dovere non cedere neanche un centimetro del territorio di Gaza all’Israele occupante perché difendere Gaza e la Palestina significa difendere assieme a Gerusalemme anche la Mecca, Medina, Istanbul, Damasco, Beirut, Baghdad e altre città islamiche […]”.

Appare chiaro che Erdoğan punta ad assumere la leadership nella “geografia musulmana” e nella sua diaspora in Occidente.
La difesa di Gaza e di Hamas sta indubbiamente facendo aumentare la popolarità del presidente all’interno del mondo islamico e contemporaneamente sta approfondendo il divario della Turchia con gli Usa e gli altri paesi occidentali.
Ankara e Gerusalemme sono abituate a questi lanci pubblici di saette da quando Erdoğan è al potere. Si sono scontrate, anche duramente, diverse volte per poi fare pace. Il leader turco pensa di sfruttare anche questa crisi per segnare punti all’interno del suo paese e, nell’optare per la linea infuocata nei confronti di Israele, non sembra turbato dal danno che sta arrecando anche ai legami con gli Stati Uniti e con l’Unione europea.

Vedrete che quando le elezioni saranno un fatto superato rimodulerà la sua retorica nei confronti di Israele. Nella retorica utilizzata da Erdoğan vi è certamente molta propaganda ad uso interno data in pasto alla propria base elettorale per far dimenticare la grave crisi economica che affligge il paese e per cementare l’elettorato conservatore-islamista attorno a tematiche identitarie, nostalgiche e revansciste.

La Nuova Turchia

La riconquista di Istanbul e di Ankara nelle elezioni comunali alle porte, previste per marzo 2024, è fondamentale per il presidente al fine di proseguire il cammino verso quella che lui chiama la “Nuova Turchia”, quella post kemalista. Ma attenzione, questo scontro sta avvenendo in un momento geopolitico pericoloso e ora le infuocate invettive del leader turco contro Israele sono anche espressione di una forte e dominante impronta ideologico-culturale che affonda le radici nel marchio di fabbrica di politico con background islamista che mira a plasmare la società turca secondo l’ideologia “suprematista dell’identità turco-islamica”.

Il presidente ritiene che il suo destino sia quello di far rivivere i giorni di gloria del passato imperiale perduto e sa che questo è il sogno che alberga nel cuore della sua ampia base elettorale e dei circoli del nazionalismo islamista e panislamista e vede la difesa della “causa palestinese” come un mandato storico e come proiezione di una presunta “missione civilizzatrice” turca in Medio Oriente.