Medio Oriente
Hamas, il vuoto lasciato da Sinwar e l’occasione per Netanyahu di distruggere Hezbollah. Colpiti depositi di armi in Siria
Anche dopo la sua morte il macellaio di Khan Yunis continua a tenere in scacco Israele con i centouno ostaggi, ma il suo omicidio è solo l’ultimo della campagna implacabile di Netanyahu contro l’intera leadership dei maggiori rappresentanti per procura dell’Iran in Medio Oriente
Le truppe israeliane cercavano da più di un anno il leader di Hamas che aveva orchestrato e organizzato il pogrom del 7 ottobre nei kibbutz israeliani. Yahya Sinwar, 61 anni, capo politico di Hamas, cofondatore della sua ala militare, le Brigate Izz al-Din al-Qassam, ha trascorso la maggior parte degli ultimi anni della sua vita nei tunnel sotto la Striscia di Gaza costruiti con i soldi del Qatar, dell’Iran e di numerose agenzie umanitarie sparse in tutto il mondo, protetto da uno “scudo umano” formato dalle sue guardie del corpo, dai cittadini israeliani rapiti il 7 ottobre e dalla popolazione palestinese.
Sinwar, lo scontro a fuoco e il drone nell’appartamento
Secondo media turchi e arabi ben informati dei fatti, mercoledì 16 ottobre, nella zona di Tel el Sultan a Rafah, al valico di frontiera con l’Egitto, nei pressi del Corridoio Filadelfia, è avvenuto uno scontro a fuoco tra tre membri di Hamas in fuga e le forze di difesa israeliane, durante un pattugliamento di routine di una squadra della 828ª Brigata Bislamach. Uno dei tre terroristi intercettati, dopo aver ingaggiato un conflitto con i soldati israeliani, è entrato in un edificio rimasto ancora in piedi dopo il bombardamento dell’area, inseguito da un drone dell’esercito israeliano. L’uomo appariva gravemente ferito, era seduto su una poltrona in una stanza al primo piano dell’edificio e scuoteva un bastone contro il piccolo velivolo che era entrato nella stanza. In quel momento il pavimento dell’appartamento è crollato sotto il fuoco di un bombardamento di un carro armato. Siccome si trattava di una operazione di routine i soldati hanno abbandonato la scena per poi tornarvi la mattina di giovedì 17 ottobre per recuperare i corpi delle persone colpite. Un soldato ha notato con notevole stupore l’incredibile somiglianza di uno dei tre membri di Hamas colpiti con Yahya Siwar. Morto schiacciato, carico di soldi e passaporti falsi pronto a scappare attraverso la frontiera con l’Egitto.
Il modus operandi di Sinwar
Uccideva con le sue mani quelli che riteneva essere agenti al servizio di Israele. Ha ideato la rete dei tunnel sotterranei a Gaza ed era un convinto sostenitore dell’utilizzo della popolazione palestinese, inclusi i bambini, come scudo umano, riteneva infatti necessario alla causa il sacrificio della popolazione palestinese per alimentare nella comunità internazionale l’odio verso Israele.
La campagna di Israele contro i leader di Hamas e Hezbollah
L’assassinio di Sinwar è l’ultimo della campagna implacabile di omicidi mirati di Israele contro i leader di Hamas e Hezbollah. A luglio, durante l’insediamento del nuovo presidente iraniano, il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, è rimasto ucciso in un’esplosione nella sua residenza a Tehran. A settembre, Hassan Nasrallah, il capo di Hezbollah, è morto colpito a Beirut da un missile israeliano. In poche settimane Israele è stato capace di spazzare via l’intera leadership di Hezbollah e di Hamas con una serie di operazioni militari calibrate di intelligence.
L’intera leadership decapitata
La decapitazione dell’intera leadership dei maggiori rappresentanti per procura dell’Iran in Medio Oriente ha messo in ginocchio, militarmente e politicamente, non solo le due organizzazioni terroristiche Hamas ed Hezbollah, ma indebolisce e umilia di fatto anche la Repubblica islamica iraniana che le ha create, nutrite finanziariamente e sostenute militarmente.
Il vuoto lasciato da Sinwar
Mentre Israele celebra la morte di Sinwar, Hamas tiene ancora nelle sue mani 101 rapiti e continua a combattere, ma quello ricevuto mercoledì è un duro colpo strategico. Il fatto che Sinwar non sarà più presente a Gaza rappresenta la più grave perdita per l’organizzazione palestinese.
Coloro che hanno seguito la sua carriera dal suo rilascio dalla prigione israeliana nel 2011 sanno che dirigeva i leader politici e militari dell’organizzazione e che controlla tutti i suoi partner al potere. Era stato Sinwar a nominare i comandanti delle unità militari a posti importanti nel governo di Gaza, in collaborazione con suo fratello Mohammed. È impossibile immaginare per Hamas una rapida ripresa e soprattutto trovare un’alternativa forte per riempire il vuoto lasciato da Sinwar. Ora la formazione rivale palestinese in Cisgiordania, al-Fatah potrebbe riempire questo vuote e la carta dei negoziati potrebbe tornare nelle mani di Mahmoud Abbas.
L’occasione di Netanyahu
Sul fronte nord, in Libano, Netanyahu vuole dare forma a un nuovo ordine senza Hezbollah per poi costringere le potenze mondiali a mettere in ginocchio l’Iran sulla questione nucleare. Vede davanti a sé una occasione d’oro: quella di distruggere militarmente il Partito di Dio. Dopo la decimazione di tutta la catena di comando di Hezbollah con l’operazione dei cercapersone e dopo l’eliminazione di Nasrallah, il governo israeliano sta tentando di creare un Medio Oriente senza l’arsenale completamente carico dell’Iran puntato contro Israele costituito appunto da partito sciita libanese. È bene sottolineare che il motivo per cui gli impianti nucleari iraniani non sono stati ancora distrutti da Israele, nonostante i deboli sistemi di difesa aerea utilizzati dall’organizzazione sciita, è perché Hezbollah ha rappresentato un fucile puntato contro Israele con i suoi 150 mila missili. L’Iran ha trascorso tutti gli ultimi quarant’anni a costruire questa capacità come deterrenza nei confronti di Israele fondando e forgiando questa organizzazione terroristica che rappresenta una ramificazione della Repubblica islamica in Medio Oriente. Israele ora si ritrova con la minaccia di Gaza per lo più neutralizzata e l’opportunità di neutralizzare completamente Hezbollah a nord. Ora il governo israeliano sembra di voler finire il lavoro, perché forse avverte che sarebbe conveniente tornare indietro. Netanyahu ritiene che un’altra possibilità come questa non potrà mai più presentarsi.
Missili in Siria
In Siria, parallelamente al fronte aperto a nord, le forze di difesa israeliane colpiscono depositi di armi sulla costa occidentale siriana, nelle vicinanze della base aerea di Hmeimim nel governatorato di Latakia, utilizzata dalle forze russe schierate per supportare il regime del presidente siriano Bashar al-Assad. I missili avrebbero preso di mira il vicino aeroporto internazionale di Bassel al-Assad a Jableh. Israele esegue regolarmente attacchi aerei contro l’Iran e i suoi alleati per procura in Siria, ma qualsiasi attacco che dovesse colpire la base aerea di Hmeimim segnerebbe un’escalation significativa.
Israele e Russia finora avevano un tacito accordo in base al quale alle foze aeree israeliane era consentito di colpire Hezbollah e le risorse militari iraniane, nonché le milizie sciite sostenute dall’Iran all’interno della Siria, a patto che le sue basi, quella navale di Tartus e quella aerea di Hmeimim, non fossero coinvolte negli attacchi. Israele, indirettamente minaccia Assad, per intimidirlo affinché smetta di sostenere le milizie filoiraniane sul suo territorio. La posizione israeliana nei confronti di Bashar al-Assad fino ad ora consisteva nel mantenere al potere “il demone che conosciamo” piuttosto che rischiare l’ignoto in Siria. Tuttavia, sembra che questo approccio possa cambiare se Assad dovesse continuare a consentire alle forze filoiraniane di operare al confine con Israele. La Siria è diventata un protettorato russo-iraniano, ma l’influenza territoriale dell’Iran è maggiore di quella della Russia e l’Iran usa il territorio siriano per trasferire armi a Hezbollah. La guerra a cui stiamo assistendo ha integrato Libano, Siria, Iraq e Iran all’interno di un asse geopolitico che è quello chiamato “Mezzaluna sciita”, e la cui utopia mobilitante è la distruzione di Israele.
Netanyahu si è ripreso con un appetito vigoroso dal colossale fallimento inflitto al suo popolo sotto la sua amministrazione il 7 ottobre. Fonti politiche affermano che sta valutando l’idea di posticipare il contrattacco contro l’Iran a dopo le elezioni statunitensi. Le fonti suggeriscono che un ritorno dell’ex presidente Donald Trump potrebbe consentire a Netanyahu di negoziare con la Casa Bianca per rinunciare a una risposta israeliana in cambio di un attacco statunitense al programma nucleare iraniano.
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