“Confesso di essere preoccupata per gli scenari in Medioriente. Stiamo tenendo i contatti ai massimi livelli per evitare che la situazione possa degenerare”, dice Giorgia Meloni in missione in Mozambico e Congo sul dossier rifornimenti energetici. “Stiamo cercando di fare di tutto per evitare un’escalation di violenza”, aggiunge da Tel Aviv il ministro degli Esteri Tajani. E lo sguardo e il tono di voce non dicono nulla di buono.

Hamas ha lanciato “il venerdì della rabbia” al posto del venerdì della preghiera. L’internazionale dell’islamismo radicale risponde. Anche in Europa. In Francia si materializzano manifestazioni pro-Palestina e il ministro dell’Interno ha deciso di vietarle in via preventiva. Ciò non ha impedito a Mohammed Mogouchkov, 20 anni, di origini cecene, di uccidere ieri mattina Dominque Bernard, insegnante di liceo ‘Gambetta’ ad Arras, città nel nord-est della Francia al grido “Allah Akbar”. Un lupo solitario, senza dubbio. Che fa scattare l’allarme in Francia. E anche in Italia. Del resto la premier Meloni ha parlato di “rischio emulazione” già lunedì scorso durante la visita al ghetto di Roma.

Le misure in Italia

Il Viminale ha già innalzato dallo scorso fine settimana le misure di sicurezza su tutti gli obiettivi considerati sensibili. Un sistema, a dir la verità, che viene tenuto ai massimi livelli ormai da vent’anni, dall’11 settembre 2001 e ricalibrato di recente con la guerra in Ucraina e l’ondata di sbarchi. Solo a Roma si tratta di 4000 obiettivi di cui 400 quelli più sensibili. È stato rafforzato il monitoraggio sulla galassia dove si muove l’estremismo islamico. Accertamenti su chi è da anni residente, sugli ultimi arrivi, cioè nei centri di accoglienza e sui cosiddetti “combattenti di ritorno” da Siria, Libano e anche dal Donbass ucraino. L’elenco comprende 146 nominativi. Attenzionati centri commerciali, uffici culturali, luoghi di culto. L’intelligence è al lavoro anche nelle carceri luoghi dove, in occasione di grandi eventi e relativa tensione, è possibile intercettare cosa si muove nella pancia dell’islam radicalizzato.

Poi, senza scomodare l’intelligence, c’è chi si palesa anche da solo con tanto di comunicati e chiamate alle armi sul web (che è senza dubbio il luogo più monitorato). Lo hanno fatto ieri i Carc – i vecchi Comitati della resistenza comunista – che ieri hanno diffuso on line un appello per “alzare ovunque la bandiera palestinese” e avvertire: “Chi cade nel tranello e si intruppa nella schiera di chi invoca la distruzione di Hamas non ha capito che con Hamas si è mosso tutto il popolo palestinese che è Hamas”. Segue la chiamata in piazza per il 21 ottobre “contro le basi militari e la Nato”.

I nuovi timori

Un armamentario lessicale e di parole d’ordine che nessuno di noi immaginava di dover maneggiare nuovamente. Il problema però c’è. E anche i più cauti e affidabili analisti temono il peggio. Prevedono “una ripresa degli attentati terroristici anche in Europa” ed è ovvio che “molto dipenderà dal tipo di risposta che Israele deciderà di dare dopo la strage e l’umiliazione subita il 7 ottobre”. Per questo tutti gli sforzi diplomatici, compresa la Santa Sede, cercano di mettere in campo ogni argomento per raggiungere i due obiettivi necessari – eliminare Hamas e liberare gli ostaggi – evitando però di coinvolgere la popolazione civile. Evitando insomma l’ingresso dei tank nella Striscia di Gaza.

Che è invece quanto il governo di Tel Aviv sta promettendo all’indomani dell’attacco. E quanto stanno dimostrando i movimenti di mezzi e truppe disposte in massa sia sul fianco sud – Gaza – che a nord, verso il Libano del sud dove Hezbollah ogni tanto fa partire un razzo “in solidarietà ai fratelli di Hamas”. È una situazione molto complessa. Il gioco di Hamas è incendiare tutto. Mettere per decenni in archivio ogni ipotesi di pace. Una trappola in cui Israele non deve cadere senza rinunciare alla giusta reazione. L’Occidente è con Israele. Senza se e senza ma. “Purtroppo però – aggiunge la nostra fonte – c’è un serpeggiante anti americanismo e quindi anti sionismo, soprattutto a sinistra. La destra sembra riconvertita all’atlantismo. Ma quanto durerà?”.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.