Decine di uomini filmati senza abiti, con gli occhi bendati e in ginocchio. Sono le immagini circolate ieri tra i media israeliani e che mostrerebbero la sorte dei miliziani di Hamas che si sono arresi alle truppe dello Stato ebraico. Fotogrammi e video che mostrano una parte del conflitto iniziato due mesi fa con l’attacco di Hamas nel sud di Israele e che ora, da alcuni giorni, è entrato ufficialmente nella “terza fase”.
Le Israel defense forces operano ormai da giorni nel sud della Striscia di Gaza, puntando soprattutto sulla città di Khan Younis. Le Idf hanno comunicato di avere colpito “decine di obiettivi terroristici” e che le battaglie si sono svolte anche vicino agli ingressi dei famigerati tunnel. Il generale Yaron Finkelman, vertice del Comando sud, ha spiegato su Telegram che i combattimenti in corso a Khan Younis sono “un grande sforzo” e che è “impressionato da come vengono gestiti bene”. Oltre che sul fronte meridionale, le operazioni dello Stato ebraico procedono anche nella parte settentrionale dell’exclave palestinese, lì dove è iniziata l’invasione dopo i primi giorni di bombardamenti.
A Jabalya, uno dei più importanti campi profughi del nord della Striscia, i militari israeliani hanno ucciso diversi miliziani di Hamas in un assalto a una delle principali basi della zona. E proprio in uno di questi scontri, è rimasto ucciso Gal Meir Eisenkot, militare di 25 anni, figlio dell’ex capo di stato maggiore dell’esercito Gadi Eisenkot, attuale membro del gabinetto di guerra. La sua morte è stata comunicata insieme a quella di un altro soldato israeliano, Jonathan David Deitch, di 34 anni, portando così il numero dei militari caduti in questa guerra a 89. Queste notizie confermano che gli scontri continuano a essere feroci, come del resto avevano anche ammesso i comandanti delle Idf e i vertici della Difesa. La guerra all’interno della Striscia è difficoltosa e non priva di ostacoli: Hamas e il Jihad islamico palestinese si sono preparati per anni, la rete di tunnel rende difficile l’avanzata, e la presenza di 138 ostaggi nelle mani delle varie milizie rappresenta una spada di Damocle che pende inevitabilmente sugli strateghi delle Tsahal ma anche sul governo israeliano.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu è sotto pressione da parte delle famiglie degli ostaggi ancora nelle mani dei terroristi ma anche criticato dalle persone liberate. Un fuoco incrociato che si unisce al timore che l’assenza di un negoziato come quello che ha portato alla tregua possa spegnere le speranze di rivedere i rapiti di nuovo in patria. Ieri, la portavoce del Pentagono Lisa Lawrence ha fatto sapere che gli Stati Uniti hanno ripreso il volo dei droni sulla Striscia di Gaza proprio per cercare di localizzare gli ostaggi e individuare tracce dei loro spostamenti.
Ma la partita appare tutt’altro che semplice, come del resto dimostrato anche in sede di trattative tra Israele, Usa, Qatar, Egitto e Hamas. Se l’obiettivo rimane in prima battuta l’organizzazione che controlla Gaza, come dimostrato anche dall’operazione di Idf e Shin Bet che ha portato all’uccisione di due alti esponenti della “intelligence” di Hamas, a preoccupare sono però anche gli altri fronti.
Fronti già attivi, ma che possono deflagrare in un conflitto più esteso. Ieri un missile partito dal Libano ha ucciso un cittadino israeliano di 60 anni residente nel villaggio di Fassuta, poco più a sud della linea di confine. Netanyahu, visitando il Comando Nord dell’esercito insieme al ministro della Difesa, Yoav Gallant, e al capo di Stato maggiore dell’esercito, Herzl Halevi. ha avvertito la milizia sciita Hezbollah che in caso di guerra totale contro Israele, essa “trasformerebbe da sola Beirut e il Libano meridionale, non lontano da qui, in Gaza City e Khan Younis”. Mentre mercoledì, i media israeliani hanno riportato alcune frasi di Gallant il quale, rivolgendosi alle autorità dei centri al confine con il Libano, aveva detto che tra i vari obiettivi di Israele vi era quello di ricondurre Hezbollah oltre il fiume Litani, che scorre nel sud del Paese dei cedri.
Il Libano, per la presenza di frange di Hamas insieme all’esercito di Hezbollah (proxy dell’Iran) è considerato uno dei fronti di una possibile escalation. Ieri, i media governativi iraniani hanno riportato le frasi del ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian che, in una conversazione telefonica con l’omologo qatariota, avrebbe detto che i prossimi giorni per Israele saranno “terribili”. Molti osservatori sono preoccupati dal rinnovato dinamismo delle milizie sciite in tutto il Medio Oriente. E tra queste, un ruolo sempre più rilevante lo stanno assumendo gli Houthi, che dallo Yemen continuano a lanciare missili e droni contro Israele e le navi che solcano le acque del Mar Rosso. E per contrastare questa minaccia, ieri il dipartimento di Stato Usa ha emesso sanzioni contro 13 persone ed entità che avrebbero foraggiato la rete finanziaria della milizia yemenita attraverso la vendita di beni iraniani.