È sfuggita a tutti una dichiarazione degna del mago Silvan del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi del 14 luglio, più spericolata della presa della Bastiglia cui quella data è dedicata: «Il blocco navale lo stiamo facendo con l’accordo la Tunisia e la Libia». È meraviglioso. È come dire che si sta prendendo il sole mentre nevica. In una vicenda che continua a essere drammatica, il ministro Piantedosi ha indossato il mantello rosso, agitato la bacchetta magica e sussurrato il suo abracadabra: l’accordo altro non è che il blocco navale. Purtroppo non ci sono cascati nemmeno i bambini. È evidente infatti che gli accordi politici (anche discutibili accordi politici come quello che Giorgia Meloni ha siglato domenica a Tunisi, era di questo che il ministro parlava) sono esattamente il contrario del blocco navale, che per quel poco che si è capito è comunque una misura militare che come tale non è concordata.

Ora, se un ministro dell’Interno confonde la politica (accordi) con la forza (blocco navale) non c’è da star tranquilli. E infatti è evidente che soprattutto lui (e la premier) tranquilli non sono, perché ancora devono spiegare come mai da quando c’è questo governo gli sbarchi sono aumentati moltissimo pur avendo fatto Meloni e Salvini una campagna elettorale all’insegna della “sicurezza”, del “prima gli italiani” e baggianate simili. Per l’esattezza dal 1° gennaio al 7 giugno 2023 i migranti sbarcati sulle coste italiane sono stati comunque 52.328, più del doppio dei 21.182 sbarcati nello stesso periodo del 2022 e più del triplo dei 15.065 sbarcati nello stesso periodo del 2021. Sono dati che indicano che non esiste una “invasione” ma che il fenomeno non si può esorcizzare con gli slogan.

 

Ricordate? Al tempo di Salvini al Viminale il suo slogan era quello dei «porti chiusi» quando lasciava i disperati in mare indicando nientemeno ragioni di sicurezza nazionale, l’immigrazione era la causa di tutte le nefandezze, fino al punto pochi mesi fa che il ministro dell’Agricoltura teorizzò una “sostituzione etnica” salvo poi accorgersi non solo che un fenomeno epocale non lo si affronta negandolo ma che si tratta persino di un processo che, se governato con intelligenza, è positivo. I porti non li hanno chiusi, hanno chiuso gli occhi. Tanto è vero che l’ultimo decreto-flussi prevede per i prossimi tre anni l’ingresso di 452mila ingressi e in più – udite, udite – altri 40mila per i settori dell’agricoltura e del turismo: quelli “governati” da Francesco Lollobrigida e (tuttora) da Daniela Santanchè.

In sostanza dunque Fratelli d’Italia e la Lega hanno giocato la campagna elettorale fomentando paure irrazionali e facendo la faccia feroce ma una volta al governo si sono resi conto che serve la politica, a cominciare dalla ricerca di accordi con i Paesi del Nord Africa: dopodiché è tutto da dimostrare che i milioni regalati a Saied rappresentino davvero una svolta. Il memorandum firmato domenica è piuttosto misterioso, nel testo non è specificato l’impegno economico di Bruxelles, ma si dovrebbe trattare all’inizio di 150 milioni, né le richieste specifiche che sono state presentate dalla Tunisia e resta molto generico parlando di «una cooperazione economica e commerciale», di «un approccio olistico alla migrazione» e di «porre rimedio alle cause profonde dell’immigrazione irregolare».

E tuttavia l’Europa è ben disposta investire molti soldi in cambio delle “riforme” che Tunisi dovrà approntare, un problema non piccolo trattandosi di un governo, quello di Saied, sulle cui propensioni riformiste c’è da dubitare. Vedremo. Ci sono state critiche da parte delle Ong, mentre resta aperto il problema della disponibilità della Tunisia ad accogliere gli immigrati irregolari respinti dall’Italia. Il punto politico che non sfugge però è che ora l’immigrazione non fa più paura: ma questo Meloni e Salvini non lo dicono apertamente, sarebbe una troppo evidente sconfessione della propria linea seguita nella campagna elettorale che fu vincente anche per il terrore sull’immigrazione che loro seminarono nel Paese.