Comincia a squarciarsi il velo di opacità che avvolge la vicenda di Hasib Omerovic, il sordomuto di etnia rom precipitato dalla finestra del suo appartamento di Primavalle a Roma lo scorso 25 luglio mentre in casa sua si trovavano quattro agenti in borghese della Polizia di Stato. Proprio ieri, ossia il giorno dopo la conferenza stampa convocata alla Camera dei Deputati dall’onorevole Riccardo Magi, Presidente di +Europa, per sollevare pubblicamente il caso, sono emersi i primi dettagli sulla dinamica dei fatti. A quanto appreso dall’Ansa non ci sarebbe stato alcun mandato di perquisizione in mano agli agenti che quel giorno hanno bussato alla porta dell’appartamento della famiglia Omerovic.

Inoltre sarebbe stato il post apparso sulla pagina Facebook di quartiere in cui si accusava direttamente l’uomo di 37 anni di molestare le donne a spingere la Polizia ad effettuare un controllo nell’abitazione di Hasib. Un controllo «preventivo», come avviene spesso in casi analoghi. Proprio il giorno prima della vicenda su Facebook era comparso un post – poi cancellato – con la foto di Omerovic e l’avvertimento di fare attenzione «a questa specie di essere che importuna le ragazze». Seguito da una minaccia: «bisogna prendere provvedimenti». Un post, secondo quanto appreso sempre dall’Ansa, che non è sfuggito ai poliziotti del commissariato Primavalle che infatti il giorno dopo si sono presentati in quattro, tre uomini e una donna, a casa di Omerovic e hanno bussato alla porta. Un controllo per identificare il soggetto ma soprattutto un’iniziativa per prevenire eventuali violenze visto che spesso, in passato, proprio il mancato intervento in anticipo è sfociato in violenze e femminicidi. La necessità di agire tempestivamente, anche in assenza di denuncia, sarebbe dunque la motivazione che ha portato i poliziotti a casa dell’uomo.

E però come è volato dalla finestra il povero Hasib che resta ancora in coma vigile, senza dunque poter fornire la sua versione dei fatti? È caduto nel vuoto per sfuggire ad un pestaggio o lo hanno preso per i piedi gli agenti e lo hanno buttato giù, come riferito da sua sorella? Domande a cui dovranno rispondere per adesso i pm assegnati al caso, Stefano Luciani e Michele Prestipino. Gli inquirenti hanno già sentito dei vicini di casa e si apprestano a raccogliere le dichiarazioni dei quattro agenti che erano in quella casa quella mattina. Sono stati dunque identificati ma si continua per il momento a procedere per tentato omicidio in concorso contro ignoti. Non si esclude a breve una loro iscrizione nel registro degli indagati, anche solo come atto dovuto. Sarebbe stata acquisita dagli investigatori anche la relazione di servizio sull’attività di quel giorno. Restano tuttavia diversi punti oscuri su questa terribile storia.

Il primo che non torna è il seguente: secondo la famiglia Omerovic un agente di nome Andrea del Commissariato Primavalle avrebbe detto loro informalmente che Hasib avrebbe loro aperto la porta dell’appartamento. Ma come avrebbe fatto a sentire il campanello se è sordo? Proprio a causa della sua condizione, la famiglia gli ha insegnato a non aprire a nessuno per qualsiasi ragione neppure se un parente gli avesse fatto capire che c’era qualcuno alla porta di ingresso, soprattutto in assenza dei genitori e della sorella Erika, proprio come accaduto quel 25 luglio.

Secondo: perché fare delle foto (fatte vedere alla famiglia dallo stesso agente Andrea) ad Hasib mentre consegnava i documenti agli agenti?
Terzo: perché improvvisamente il ragazzo si sarebbe dovuto lanciare in un vuoto di circa 9 metri? Quarto: perché una volta che la famiglia è arrivata sul posto, gli agenti avrebbero tentato di rassicurarli riferendogli che il figlio «aveva solo un braccio rotto»? Comunque «sembra che si stiano attivando rapidamente delle verifiche sia da parte della polizia che da parte della magistratura» commenta al Riformista l’onorevole Riccardo Magi che aggiunge: «quello che fa accapponare la pelle è pensare che se non ci fosse stata la conferenza stampa alla Camera non ci sarebbe stata tale rapidità nell’accertamento dei fatti. L’attenzione pubblica in casi come questi serve sempre, quindi». In conclusione Magi chiede alla Lamorgese di rispondere quanto prima al suo atto di sindacato ispettivo: «vorrei fare un sollecito al Ministro dell’Interno affinché quanto prima dia seguito alla mia interrogazione e un appello trasversale a tutti i partiti perché sottoscrivano quella interrogazione per chiedere una verità non solo in sede giudiziaria ma anche dal punto di vista del Governo attraverso una indagine interna.

Con la famiglia di Hasib, le istituzioni democratiche tutte hanno il dovere e insieme il bisogno della stessa verità». Intanto sono già migliaia le firme raccolte dall’Associazione 21 luglio per chiedere «Verità per Hasib» come ci racconta il portavoce Carlo Stasolla: «parrebbe che quanto detto nell’esposto stia trovando una conferma. Chiaramente attendiamo ulteriori riscontri. Ad oggi sembra esserci la certezza che la polizia fosse sul posto e che non ci fosse un mandato. Sembra quindi che l’operazione trasparenza annunciata dal capo della Polizia Lamberto Giannini stia dando i suoi frutti. A tal proposito il nostro appello ha raccolto già migliaia di firme e siamo cautamente soddisfatti che questa coltre di opacità si stia piano piano diradando». Sulla vicenda è arrivato anche il breve commento di Ilaria Cucchi dal suo profilo twitter: «Chiediamo che sia fatta piena luce sui gravissimi fatti avvenuti il 25 luglio nella casa di Hasib Omerici-Sejdovic alla presenza delle forze dell’ordine. Io terrò gli occhi bene aperti su tutte le violazioni dei diritti umani». Non poteva mancare quello di Luigi Manconi, Presidente dell’associazione A buon diritto: «La prima condanna per l’omicidio di Stefano Cucchi è arrivata dopo 10 anni, quella per la morte di Giuseppe Uva e di molti altri non c’è mai stata. Quanto tempo ci vorrà per la verità su Hasib Omerovic? E com’è possibile che oggi, in Italia, nella città di Roma, ci vogliano 50 giorni per apprendere un simile fatto?».