“Se la Cina continua su questa strada e attua questa legge sulla sicurezza nazionale, lo faremo. Consentiremo ai titolari di passaporto BNO di venire nel Regno Unito e di fare domanda per lavorare e studiare per periodi di 12 mesi e questo andrà a costituire un percorso per la futura cittadinanza”. Lo ha dichiarato Dominic Raab, ministro degli Esteri del Regno Unito, che ha anticipato l’intenzione di voler offrire la cittadinanza a oltre 300mila residente di Hong Kong. L’iniziativa paventata dal ministro è una reazione al via libera dell’Assemblea Nazionale cinese della nuova legge sulla sicurezza nel territorio autonomo. Secondo gli attivisti pro-democrazia – che già l’anno scorso avevano manifestato contro l’imposizione della legge sull’estradizione – la nuova norma limiterebbe l’autonomia e la libertà di espressione avvicinando Hong Kong al sistema di Pechino.

La proposta di Raab potrebbe facilitare la richiesta di cittadinanza dei possessori del cosiddetto passaporto britannico di oltremare (BNO). Il documento veniva rilasciato ai nati prima del 1997, quando Hong Kong passò da essere colonia britannica alla sovranità cinese. Un passaggio sponsorizzato dalla formula “un Paese, due sistemi” che proprio la legge sulla sicurezza metterebbe in discussione. I possessori di tale passaporto BNO sono circa 315mila, hanno diritto all’assistenza consolare, non sono cittadini britannici ma possono visitare il Regno Unito per sei mesi. Un periodo che il ministro vorrebbe allungare fino a 12 mesi e quindi renderlo una sorta di percorso per una cittadinanza.

A woman argues with police as she was told to stay away from the area in Mongkok, Hong Kong, Wednesday, May 27, 2020. Thousands of protesters shouted pro-democracy slogans and insults at police in Hong Kong before lawmakers later Wednesday debate a bill criminalizing abuse of the Chinese national anthem in the semi-autonomous city. (AP Photo/Kin Cheung)

Già nei giorni scorsi la comunità internazionale aveva espresso preoccupazione per l’atteggiamento di Pechino verso Hong Kong. Il Segretario di Stato Americano Mike Pompeo aveva ribadito in più occasioni come non fosse più possibile considerare il territorio come autonomo, aggiungendo un altro tema allo scontro diplomatico e propagandistico tra Cina e Stati Uniti, già abbondantemente alimentato da tensioni commerciali e dal faccia a faccia sulle responsabilità della pandemia da covid-19. Dopo l’approvazione da parte dell’Assemblea Nazionale di Pechino, Regno Unito, Stati Uniti, Australia e Canada hanno diffuso un comunicato di condanna della norma che “costituirebbe – recitava la nota – una chiara violazione del principio ‘un Paese, due sistemi”‘ che garantisce l’autonomia” di Hong Kong. Una nota contestata attraverso “proteste formali” dal portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian.

Nei giorni scorsi oltre 360 persone sono state arrestate a Hong Kong per le proteste contro l’approvazione della legge. Appelli sono stati lanciati dagli attivisti, come Joshua Wong, uno dei più celebri. Carrie Lam, governatrice del territorio, ha provato a calmare gli animi con una lettera aperta e chiedendo alla popolazione di comprendere e sostenere la legge. Già l’anno scorso ampie proteste l’avevano coinvolta per via della legge sull’estradizione che aveva scatenato proteste per tutto il 2019. Carrie Lam ne ha parlato facendo riferimento a “un’escalation di violenza da parte dei  rivoltosi, con armi da fuoco illegali ed esplosivi che rappresentano  una minaccia”. Per la governatrice la legge di Pechino è “sia una necessità che un’urgenza”.

Redazione

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