Boh…” e braccia allargate. Il giorno dopo la débacle, a Camere aperte per gli ennesimi decreti, cerchi una reazione nelle file dei parlamentari Dem. Ma la risposta è solo “boh” e braccia allargate. Si parla d’altro. Alla Camera la capogruppo Chiara Braga lancia una campagna contro l’abuso dei decreti. Vero, ce ne sono troppi, ma forse oggi i parlamentari Pd vorrebbero sapere altro. Al Senato il capogruppo Francesco Boccia “non è pervenuto”.

La segretaria ha parlato ieri: “Abbiamo perso, la sconfitta è netta ma non bastano due mesi per impostare il cambiamento”. Della serie: sono appena arrivata – è stata eletta 92 giorni fa – non potete addossare a me questa sconfitta. E’ stata una segreteria politica definita “surreale” da qualcuno dei presenti perché nei primi quindici minuti il punto all’ordine del giorno è stata l’alluvione in Emilia Romagna. Poi l’ammissione della sconfitta e subito l’alibi del “poco tempo” e del fatto che “il Pd non può fare da solo”.

Leggasi: Cinque Stelle e Terzo Polo avrebbero le loro responsabilità in questa débacle. Una contraddizione dietro l’altra. Significa confusione. Ieri mattina la segretaria ha annullato la missione a Bruxelles, compreso l’incontro con la presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola. Insomma, il giorno dopo sembra tutto congelato, reazioni e idee. Anche quella di mettere quattro donne capolista alle prossime elezioni Europee (giugno 2024). Cosa che, appena circolata la scorsa settimana, aveva agitato ancora di più le già agitate acque Dem.

Il Pd è in stallo. I più generosi – area Schlein – dicono che è “ancora in corso il processo costituente” e quindi è sbagliato e ingiusto processare la segretaria. I più saggi ammettono che “c’è consapevolezza delle difficoltà” ma che ora serve “calma e gesso”. Quelli dell’area Bonaccini, il segretario mancato causa ribaltone alle primarie e ora impegnato in ben altre emergenze, si aspettano invece e con una certa insofferenza “segnali concreti” che “si dica o si faccia qualcosa”. Si parla di una Direzione “la prossima settimana” ma ancora non c’è una convocazione ufficiale, confessa una senatrice: “Del resto ne abbiamo fatta una sola in tre mesi, magari salta anche questa”.

Come sono saltate finora le riunioni per completare gli organi di Presidenza di Camera e Senato. “Convocate quattro volte e sempre con un nulla di fatto” dice una deputata dem. Il nodo si chiama Piero De Luca, vice capogruppo in uscita, area Bonaccini, riformista convinto che però la segreteria vuole cambiare. Almeno così era fino a lunedì alle 15. Alla fine del primo turno i ballottaggi in sette provincie avevano fatto ben sperare tanto che Schlein dichiarò “una quasi vittoria”. Averli persi tutti tranne che a Vicenza dove ha vinto un giovane avvocato che aveva pregato il Nazareno di “non venire in città a fare comizi finali”, significa che il partito ha perso capacità attrattiva. Che l’elettorato, soprattutto quello moderato, non si fida più di quel progetto riformista e maggioritario che la segretaria ha picconato ogni volta che ha potuto in questi 92 giorni.

La situazione è grave, l’ennesima rimozione dopo l’ennesima sconfitta. Come dopo il 25 settembre. A chiacchiere si cambia tutto, nei fatti nulla. Non una linea chiara su immigrazione, su economia, sul lavoro inteso come diritti ma anche come doveri e come creare posti di lavoro. In una parola: riformismo o radicalità e movimentismo? Elly Schlein non fa questa scelta, in un senso o nell’altro.

Il risultato di queste amministrative va letto alla luce delle prossime elezioni europee. Da qui ad allora deve chiarirsi le idee, lei e il suo cerchio magico, e decidere quale anima dare al partito. E quali alleati. Perché se collassa il Pd, se smette di essere attrattivo, è a rischio anche l’alleanza europea con il Ppe. La Spagna ci dice qualcosa.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.