Il consumo di cibi ultraprocessati è in continuo aumento ed essi sono messi in correlazione sempre di più con il progredire sin dall’età adolescenziale delle cosiddette malattie croniche non trasmissibili: dal sovrappeso, all’obesità, al diabete di tipo II che rappresentano sempre di più una vera e propria emergenza sanitaria in grado di sovraccaricare sia dal punto di vista assistenziale che economico i sistemi sanitari mondiali.
Un alimento può definirsi “naturale” quando si presenta integro o con pochi cambiamenti rispetto al suo stato originario, ad esempio un frutto, invece l’alimento è “processato” se durante la cottura vengono aggiunti sale ed olio, come nei legumi in scatola.
I cibi ultraprocessati sono così chiamati perché contengono numerosi ingredienti aggiunti durante il processo industriale di lavorazione come sale, zucchero, coloranti, additivi, grassi, atti a rendere gli stessi più appetibili e dunque ad aumentarne il consumo. Questo avviene per molti dei piatti pronti e surgelati, per le bevande zuccherate, gli snack confezionati – dolci e salati -, ma anche per i cibi erroneamente considerati salutari, come ad esempio i cereali per la colazione, gli yogurt dolci alla frutta, i crackers più o meno integrali, oppure la marea di prodotti proteici e/o keto che la “diet industry” ci propone illudendoci che essi ci aiuteranno a controllare il peso.
Molti studi hanno correlato il consumo di alimenti ultraprocessati all’obesità sia in età infantile che nella popolazione adulta essendo il loro profilo nutrizionale dietetico sfavorevole, particolarmente elevato in densità energetica, zuccheri, grassi e a basso contenuto di fibre alimentari. Ma il loro consumo non è stato correlato solamente alle malattie metaboliche ma anche, come riportato da un articolo del British Medical Journal nel 2022, all’aumento del tumore al colon.
Dati recenti hanno riportato che i bambini e gli adolescenti sono i principali consumatori di prodotti alimentari ultraprocessati in alcuni paesi ad alto reddito, tra cui Regno Unito, Australia, Stati Uniti e Canada dove gli stessi forniscono in media il 65% dell’apporto energetico giornaliero.
Nei paesi a basso e medio reddito il consumo di alimenti ultraprocessati è inferiore (<38%), ma i bambini piccoli sono i maggiori consumatori di questi prodotti e, scendendo nel dettaglio, gli alimenti ultraprocessati rappresentano il 18% e il 25% di tutte le calorie consumate da bambini e adolescenti in Brasile e Colombia e dal 27% al 44% di quelle consumate da bambini e adolescenti in Argentina, Messico e Cile.
Nella maggior parte dei paesi e dei gruppi di età, con l’aumento del consumo degli alimenti ultraprocessati sono aumentati anche la densità energetica media della dieta e il contenuto medio di zuccheri liberi, mentre il contenuto medio di fibre è diminuito e tutto ciò, unito alla sedentarietà, all’utilizzo di tablet e smartphone utilizzati per giocare invece di usare testa, braccia e gambe, non può che determinare un aumento del sovrappeso, dell’obesità, del rischio di diabete, tumori e anche delle malattie neurologiche degenerative.
L’assunzione dietetica di cibi confezionati, dalle merendine alle barrette più o meno proteiche e zuccherine, al cibo dei fast food nei bambini e negli adolescenti in età scolare, è determinata dal fatto che essi sono suscettibili al marketing alimentare malsano per vari motivi, anche per l’influenza social dei loro coetanei, ma anche al fatto che il cambiamento dello stile di vita familiare compulsivo e spesso con orari che nulla hanno a che vedere con i nostri orologi biologici ha portato le famiglie ad avviarsi verso una forte diseducazione alimentare e il cibo è diventato un qualcosa da ingerire velocemente da preparare in fretta e più il cibo è pronto per l’utilizzo e più viene acquistato e consumato.
I processi e gli ingredienti utilizzati per produrre gli alimenti ultraprocessati sono progettati per creare prodotti altamente redditizi per la “Diet Industry”, convenienti ed estremamente appetibili che sostituiscono le semplici pietanze e le colazioni e merende di nemmeno molti anni fa.
Il rafforzare il consumo di alimenti naturali o minimamente trasformati e il limitare gli alimenti ultraprocessati, soprattutto tra i bambini e gli adolescenti, è un punto focale nella lotta all’obesità infantile e adolescenziale ma anche per quella che colpisce la popolazione adulta. Molti paesi cercano in qualche modo di portare avanti una regolarizzazione in tal senso, ad esempio in alcuni paesi dell’America Latina si sono sviluppate linee guida dietetiche basate su una forte limitazione al consumo di questa tipologia di alimenti promuovendo inoltre la tassazione delle bevande zuccherate e degli snack ad alto contenuto di zucchero, e limitandone la pubblicità per proteggere i bambini e gli adolescenti. Ma anche in alcuni paesi europei come la Francia ed il Belgio ci si è posti l’obiettivo di una riduzione del 20% del consumo di cibi ultraprocessati nei prossimi anni.
In conclusione, gli alimenti ultraprocessati fanno parte, in modo sostanziale, dell’alimentazione dei bambini e degli adolescenti ma anche della popolazione adulta di molte nazioni e rappresentano un profilo nutrizionale dietetico coerente con un aumento del rischio di sovrappeso, obesità, diabete II, cancro e malattie neurologiche degenerative con meccanismi patogenetici ipotizzati ma ancora da definire nella loro interezza.
Fino a quando non sarà creata una azione politica efficace per affrontare il crescente consumo di questa tipologia di alimenti, che addirittura vengono proposti come alimenti “sani” che aiutano a combattere l’obesità e prescritti, purtroppo, anche da pseudo professionisti della salute o nelle famose vendite multilivello, sarà persa una occasione per combattere l’obesità e tutte le comorbilità che ne conseguono alle sue radici perché la predisposizione genetica nessuno la può cambiare ma lo stile di vita che ne determina l’espressione patologica sì.