Il parere
I cinepanettoni sono sessisti e volgari: i ruoli per le donne pensati sempre per compiacere gli uomini

Nel “Si&No” del Riformista spazio alle polemiche suscitate dal New York Times che ha definito “i cinepanettoni“, i film di Natale, sessisti e volgari. La domanda è: ha ragione il quotidiano americano? Favorevole Eleonora Evi, deputata Verdi-Sinistra italiana, secondo cui “nei cinepanettoni i ruoli delle donne sono pensati sempre per compiacere gli uomini“. Contrario invece Luciano Nobili, consigliere regionale di Italia Viva, che commenta: “Hanno garantito al cinema risorse poi reinvestite in film d’autore“.
Qui il commento di Eleonora Evi:
Come dare torto a Horowitz? Che i cinepanettoni abbiano “elevato a forma d’arte l’amore italiano per il tradimento, per l’umorismo da toilette e per le imprecazioni folcloristiche” e tutto questo abbia contribuito ad alimentare gli stereotipi sessisti e una cultura patriarcale a me pare piuttosto evidente. Faccio parte di una generazione che questi film li ha trovati ogni anno sul grande schermo nel periodo delle festività natalizie. Anche chi non ne avesse mai visto uno per intero, ne avrà visto spezzoni, trailer cinematografici, le pubblicità in tv. Ne siamo stati immersi, volenti o nolenti, consapevolmente o inconsapevolmente, tanto da conoscere perfettamente a memoria alcune battute tra le più famose “Ma che è sta cafonata?!” pronunciata spesso da Christian De Sica in questi film o “Alboreto is nothing!” del Dogui, celebre macchietta del bauscia milanese. E farci grandi risate. Ma dietro queste risate, si racconta una società dove le donne recitano sempre gli stessi ruoli, peraltro mai quello di protagoniste, peraltro spesso le interpreti non sono nemmeno attrici professioniste ma soubrette da calendario del momento. Incasellate sempre negli stessi cliché, in particolare quelli disegnati appositamente per compiacere gli uomini, quelli che recitano nel film e quelli che lo guardano, amplificando così la solita rappresentazione della donna. La commedia, un genere da sempre così importante per raccontare la società che cambia, che ci fa ridere con i personaggi che cominciano a caratterizzare la normalità del paese. Ma, appunto, quale normalità? Quella della tv berlusconiana che diventa sempre più l’unico modo di osservare realtà e che celebra la donna oggetto, figurina, zitta, di contorno e l’uomo yuppie, farfallone, spesso anche viscido e furbastro che riesce a cavarsela con una battutaccia. Ma la tv berlusconiana rappresentava la società degli anni 80, 90, 2000. Siamo nel 2024.
E purtroppo siamo ancora oggi profondamente sommersi dalla cultura patriarcale.
Proprio ieri raccontavo che nella mia famiglia ad occuparsi di nostra figlia Erica è Simone, mio marito, suo papà. Eppure, per la nostra società sembra una cosa ancora così strana, così irrituale. Tanto che spesso Simone si sente dire che lui sia un “mammo”. Questa non è una forma di patriarcato? Io penso di sì, e pure insidiosa e dura da scardinare. Perché, mi domando, soprattutto in Italia, se in una famiglia è la donna a lavorare, magari con un lavoro importante come il mio, è ancora così difficile pensare che possa essere l’uomo ad occuparsi dei figli? Ed è anche necessario femminilizzarlo, chiamandolo “mammo”, per inquadrarlo negli schemi incrostati di maschilismo.
Anche le incredibili e assurde dichiarazioni della senatrice di Fratelli d’Italia Lavinia Mennuni dei giorni scorsi per cui l’unica ambizione delle donne dovrebbe essere quella di diventare madre ci raccontano quando siamo ancora fermi a quel tempo indietro. A quanta strada resta da fare per le donne.
Io non voglio passare da bacchettona. Film spensierati come “Vacanze di Natale” è giusto che siano in proiezione nelle sale cinematografiche, ci mancherebbe altro. Ma penso anche che una certa comicità abbia fatto il suo tempo. Celebrarli oggi significa anche celebrare quei modelli sociali che vedono la donna, da 40 anni, sempre in quella stessa casella. Ma fortunatamente qualcosa sta cambiando se a sbancare al botteghino ci sono film come quello di Paola Cortellesi “C’è Ancora Domani” che affronta temi urgenti come la violenza di genere. Un salto nel passato per portarci, speriamo presto, in un presente e in un futuro di parità e diritti.
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