L’economia globale, come l’abbiamo conosciuta, sembra cedere il passo a un modello più frammentato e regionale. Ci vorrebbero più controllo ed equilibrio rispetto alla sola massimizzazione degli scambi. Non si tratta di negare i vantaggi che la globalizzazione ha portato in termini di crescita economica e riduzione della povertà in molte aree del mondo, ma di riconoscere la necessità di un approccio più sostenibile.

Lo scenario

La svolta protezionistica americana ha riportato indietro le lancette della storia americana. Assistiamo alla risposta unilaterale, frettolosa e sbagliata dei dazi come soluzione alla crisi, mentre servirebbe un modello più equilibrato e controllato. L’amministrazione Trump sta invece trasformando la politica commerciale americana in modo radicale. Una rivoluzione per il paese che, dal dopoguerra, era stato il principale promotore del libero commercio. L’effetto immediato è la discesa del valore di mercato degli asset finanziari. Ma nel medio periodo, i dazi porteranno a minore crescita, minore occupazione, minor benessere. E alimenteranno un clima di conflittualità a livello geopolitico.

Un nuovo ordine economico

Occorrerebbe, invece, costruire un nuovo ordine economico con un maggiore coordinamento multilaterale. Un obiettivo da raggiungere con un’Europa più integrata. Una tale evoluzione potrebbe rappresentare sia una sfida che un’opportunità per il settore agroalimentare europeo. Il recente documento “Visione al 2040” del settore presentato dal commissario Hansen propone un futuro basato su resilienza, sostenibilità e competitività, con filiere caratterizzate da completa tracciabilità e trasparenza. Il piano introduce il concetto di “resilienza alimentare territoriale” come metrica per valutare la capacità di ogni regione di mantenere la produzione anche in situazioni di crisi.

La sfida per un nuovo equilibrio

Parallelamente, digitalizzazione e innovazione tecnologica diventano alleati strategici di un’agricoltura più localizzata, ma tecnologicamente avanzata. La sfida sarà trovare un equilibrio tra protezione delle produzioni locali e cooperazione internazionale. Hansen propone un modello di “regionalizzazione aperta” dove le specificità territoriali vengono valorizzate all’interno di regole condivise a livello globale. Come lui stesso sottolinea: “non si tratta di chiudere i mercati, ma di aprirli secondo regole eque e sostenibili”.

Il compito dell’Unione

L’Ue è chiamata a un compito arduo ma necessario: completare il proprio processo d’integrazione al fine di promuovere un modello di globalizzazione regolamentata per eliminare le distorsioni che hanno portato all’attuale guerra dei dazi. La risposta alla paura non è chiudere i porti, ma costruirne di diversi: hub dove merci, idee e persone circolino in modo equo. La globalizzazione civile non è un’utopia: è l’unico modo per evitare che il futuro assomigli al peggio del passato.

Matteo Bartolini

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